venerdì 17 aprile 2020

A Qualsiasi Costo

Questo racconto è stato scritto per la "Gara Letteraria: Archivio del Manicomio", del "Creature Antiche Vivono Ancora"". GDR.

A Qualunque Costo

E' il 04 Giugno del 1952. Sono il dottor John Randall e ci troviamo all'Ospedale Psichiatrico "Santa Vipera degli Addolorati" di Nouvielle. Questa è la registrazione del trattamento, il numero 66, somministrato alla paziente Alexis Leppington e vale come un documento ufficiale.

J: Bene, possiamo iniziare.
A: Mi chiamo Alexis Leppington e... Dannazione, sarà la centesima volta che lo ripeto: a cosa serve?
J: Tutto ha uno scopo, Alex, anche se non riesci a vederlo. Ti prego di tornare in carreggiata.
A: Va bene... Dicevo, sono Alexis Leppington e sono quì perchè sono malata.
J: Puoi essere più specifica?
A: Ho visto un fantasma e, quindi, ho deciso fosse il caso di rinchiudermi in questo manicomio.
J: Non esagerare. E poi, ti correggo, "credi di aver visto un fantasma". Tu stessa ti sei resa conto del problema e sei corsa ai ripari. E' da ammirare.
A: Si, certo, come no. Del resto, mica lo ha visto lei. Se sono venuta quì è perchè... Oh, al diavolo. I miei problemi sono iniziati con... Si sentono sillabe senza senso e la voce sembra rompersi in un pianto.
J: Abbiamo tutto il tempo.
A: Josh. Tutto è iniziato con Josh. Io lo amavo, credo di amarlo ancora e sono sufficientemente sicura che non amerò mai nessun altro in questo modo. Anzi, forse non amerò nessuno e basta.
J: Come avete iniziato a frequentarvi?
A: Come tutte le persone normali: amici di amici. Era il solito tipo "strano", nonostante tutto. Musicista, appassionato di folklore di popoli lontani e, nemmeno a dirlo, di storie dell'orrore. Tuttavia, almeno i primi tempi, riusciva a tenersi per sè queste sue fissazioni.
J: Quando è cambiato qualcosa?
A: Qualche mese dopo. Con l'intimità, s'è sciolto. Era sempre triste, ansioso e nevrotico... Aveva bisogno di una spalla su cui piangere e di conforto. E, nonostante tutto, sapeva farlo anche lui, con me. Sebbene, spesso si finisse a fare a gara a chi stava peggio.
J: Continua a descriverlo.
A: Maledettamente sensibile, insicuro e instabile. Intelligente da dar fastidio. A letto un totale e inutile incapace, anche se era affettuoso come un bambino. Ogni tanto, però, tirava fuori...
J: Può bastare.
A: Aspetti. C'è dell'altro... Facevamo delle "cose" a letto, cose tra noi. Servirà per dopo. Dicevamo, aveva passioni strane e leggeva un sacco di libri. Se non suonava quella maledetta tromba, maldestramente, credo fosse un musicista mediocre, leggeva. Di tutto e di più. Fu una sera d'estate che mi raccontò di quella storia di fantasmi giapponese, quella del tizio che promette all'altro che si sarebbe fatto vivo la Notte di Capodanno, a qualunque costo. Mi rifiuto di raccontarla nuovamente.
J: Va bene. Le cose, però, sfuggirono di mano.
A: Le coppie litigano sempre e noi non facevamo eccezione, ma problemi seri, direi, non ne abbiamo mai avuti. Se non che, come si sa, morì qualche anno dopo. Una malattia mortale che aveva nascosto a tutti, anche a quella vipera di sua madre. Morì in pochi giorni, sparendo dalla mia vita velocemente come era apparso. Ovviamente... Non la presi bene.
J: Ci mancherebbe.
A: Iniziai a prendere medicine per dormire, frequentai chiese e strizzacervelli, spesso insieme. Ero sempre a farmi la stessa domanda: "perchè?". Come se saperla potesse darmi la pace. Avevo deciso che non meritavo tanta sofferenza e mi ritrovai a sognarlo, a chiedere agli Dei o a Satana, a chiunque, di riportarmelo indietro. Che avrei dato tutto... So che sembra strano, da come ne ho parlato, ma, come dire... Mi capiva. Io avevo bisogno di una persona amorevole. Iniziano a sentirsi sospiri di sigaretta. Forse, il mio, era solo egoismo.
J: Poi?
A: Poi avvenne il fattaccio. Suonarono alla porta ed era lui. Vestito come l'ultima volta che l'avevo visto, ma con un cappello che gli copriva il viso. Ma SAPEVO che era lui, sebbene il suo odore sembrasse "strano". Provai a gridare, ma mi tappò la bocca con la mano, poi mi portò sul divano e...
J: Sembra un'aggressione sessuale, raccontata così.
A: Si, è vero. Ma era uno dei nostri... "giochi". Per questo, la cosa divenne ancora più incredibile ai miei occhi. Josh era morto, ma era indiscutibilmente lui quello con cui stavo giacendo. Quindi, che fare? In lacrime, mi lasciai andare e, poco dopo, mi svegliai nel mio letto.
J: Forse è stato un sogno. Sei tu che lo hai evocato.
A: Ma sentivo il suo contatto, la sua pelle fredda... Il suo respiro cadenzato, le sue manie... Era tutto lì. E, quel giorno, mi aveva stretto fortissimo i polsi. Al risveglio, me li ritrovai doloranti.
J: Autosuggestione, oppure ti sei adoperata da sola.
A: Indubbiamente. Ma successe altre volte. Così tante che credevo di essere impazzita. La voce sembra cambiare tono, diventando più stridula. Era lui, il mio Josh, eppure... Era così freddo, i suoi occhi così blu. Era un sogno: un sogno e un incubo insieme. Mi sentivo felice, ma impaurita... Cosa fare? Ma lo lasciai fare.
J: O, meglio, hai iniziato a darti da fare su te stessa.
A: Dopo chissà quante volte, glielo dissi: "Non posso continuare a stare con un morto! Dannazione, vattene!" L'avevo ormai compreso, stavo amando un morto vivente. Il dottore non riesce a reprimere un risolino. L'amore mi aveva reso cieca, ma, col tempo, persino un idiota l'avrebbe compreso. Lo mandai via.
J: E "lui"?
A: Mi rispose in un modo che non volevo. "Tu mi hai chiamato!" Aveva urlato, ricordandomi di quella stramaledetta fiaba. "Ci siamo scambiati amore eterno e io sto saldando la mia parte! Sono quello che vuoi, ma non basta più!" Diceva, col suo solito modo nervoso di parlare... Pare che, certe cose, nemmeno la morte le può cambiare.
J: Ti prego, finiscila di parlarne come se fosse successo davvero.
A: Lei era lì, dottore? Silenzio. Il suo pragmatismo è asfissiante. Ma, ad ogni modo, lo mandai via.
J: Ma "lui" continuò a farsi vedere.
A: Si, ovunque. Al supermercato, in Chiesa, a lavoro, nei miei sogni e sotto la mia finestra. Aveva iniziato a spiarmi, lo vedevo ovunque. Iniziai davvero a preoccuparmi, non potendo più dire a me stessa che me lo stavo inventando (perchè ci avevo provato!). Tornò il panico da fine del mondo, anche se per motivi diversi, e smisi nuovamente di dormire. Iniziò la tiritera di medici e medicine, prima di andare alla Stazione di Polizia.
J: Non andò bene, vero?
A: Evitiamo di parlarne... Sento ancora le risate. E non era cambiato niente. Urlava "Ti Amo" alle finestre, mi aggrediva mentre facevo la spesa, mi spiava in bagno... Alexis sembra aver iniziato a piangere, seppur sommessamente. Io lo amavo, capite? Lo amo ancora, ma... E' diverso. E' morto, diamine! Che se ne torni nella sua bara di merda! Singhiozzi.
J: Quì sei al sicuro, Alex. 
A: Come fai a svegliarti la mattina, vedendo il tuo amore morto davanti alla porta di casa? Come? A raccontarmi sempre quella maledetta storia di fantasmi, per tormentarmi! Urla di pianto. Maledizione! 
J: Poi cosa avvenne?
A: Non potendolo allontanare, me ne andai io. Venni quì, sperando di risolvere il maledetto problema. Quì evadere è difficile, per cui, ho pensato, raggiungermi era difficile. E per un pò, ebbi ragione. Venni ricoverata per le solite cause: isteria femminile, nevrosi e tutto il resto, ma mi andava bene. Non vedevo più Josh. 
J: Cosa è successo una settimana fa?
A: Ero nel mio letto, stavo prendendo sonno... E l'ho visto. Era un'ombra pallida, evanescente, ai piedi del mio letto. Con la sua solita espressione e il cappello in mano. Sembrava triste. Io avevo talmente tanta paura che mi paralizzai, mandandogli maledizioni dal silenzio della mia mente. Ma lui si avvicinò, fino a toccarmi. Il suo tocco sembrava quello dell'acqua ghiacciata del Nord. Mi disse: "Hai visto? Sono tornato, te l'avevo promesso! Come in quella storia!" Urlai, arrivarono gli infermieri e... E... Mi avete fritto il cervello. Friggete sempre il cervello di tutti. Ma, da come sto ora, deduco che il voltaggio fosse basso. Spero lo aumentiate, così sarò libera.
J: Ma, se muori, non ti ritroveresti nel suo stesso "regno"?
A: Come, scusi?
J: Dicevo, se morissi, poi con chi passerei il mio tempo? Silenzio, lungo un minuto. Alexis inizia a respirare pensatemente. E' successo ancora?
A: Certo. Sembra il ritmo di respiro di uno in preda al panico. Molte notti... Lo vedo nella mia stenza, pallido come uno spettro. Deve aver venduto il suo corpo al DIAVOLO così da poter superare le pareti come un fantasma. Come...
J: Come la storia, sì. Il samurai, imprigionato dai nemici, per evadere dalla prigione e superare tutti quei chilometri, si era tagliato il ventre. Da spirito aveva mantenuto fede alla promessa. Ammirevole.
A: Come ha detto? Ma si sta sentendo?
J: L'ora sta per terminare, si affretti.
A: E' tornato altre volte... Mi tocca con quelle sue mani CONGELATE, mi tocca ovunque. E' successo anche stanotte. Io... Mi aiuti!
J: Cosa potrei mai fare? Dovresti accettare il suo amore. 
A: Porca puttana, è impazzito! Eppure lei è il medico!
J: Il MIO amore! "A qualunque costo", come ti dissi! Eccomi!
Alexis urla, si sente rumore di colpi, tavoli che sbattono e grida soffocate. Poi, silenzio.

lunedì 17 febbraio 2020

La Ballata di Beta Ray Bill

Si tratta di una riscrittura del famoso esordio del personaggio Beta Ray Bill, scritto da Walter Simonson su "The Mighty Thor" negli anni '80.


Nella Zona Blu della Luna, Uatu osserva l'Universo. E vede molte cose, ricorda molte cose. Quest'oggi, l'Osservatore (così viene chiamato) ha rivolto i suoi occhi sulla Terra. Per il computo terrestre, siamo nell'Undicesimo Secolo.






Il Bardo Einar, chiamato a officiare il Banchetto in onore del suo nuovo Jarl, entrò nella Sala dell'Idromele. La sua barba era unita in una treccia, mentre aveva la testa quasi completamente calva, pur non sembrando eccessivamente vecchio. Forse i capelli gli erano caduti.
Aveva portato con sè solo una Lira e i propri vestiti. Iniziò a scaldarsi le dita sulle corde dello strumento, raccontando barzellette sconce e bevendo dal corno che gli era stato donato. Rideva.
Poi, all'improvviso, si fece mortalmente serio: era l'inizio di una grandiosa Saga.

"Il mondo che noi chiamiamo Midgard,
altro non è che una piccola barca
immersa in un mare di tenebra.
Questo è ben risaputo da Dei e sapienti."

Questo iniziò a cantare e, presto, parte dell'assemblea iniziò a fantasticare sui mondi aldilà delle stelle, o vicini ad esse. Alcuni si chiesero di cosa stesse parlando, ma nessuno osò parlare.
E, poi, iniziò la storia.



Alle soglie del Bifrost, Heimdall osservava. Il passato e il futuro, i mondi. Vide qualcosa e una strana espressione si fece largo sul suo volto. Si appuntò la visione nella mente, deciso a riferirla al momento opportuno.
Più tardi, quel giorno, Thor tornò dalla sua battuta di caccia, trascinandosi, con una corda, i trofei ottenuti: quattro o cinque teste colossali di Jotnar. Ti saluto, Heimdall. Disse, con aria truce. I miei saluti, Tonante. Se non ti è troppo disturbo, ho qualcosa da comunicarti. E gli riferì della visione.
Il Dio, scosso eppure felice, partì alla volta di Midgard. Egli mulinò il suo martello, il Mistico Mjolnir, e si ritrovò, in un lampo, su Midgard. Era in una delle sue città più grandi.


"Fra molti eoni, dovete sapere,
i mortali vivranno in grandi palazzi di vetro.
Chini su tavole,
senza mai deliziarsi con la guerra o la navigazione."

Così narrava Einar il Bardo.



Arrivato nella Grande Mela, Thor alzò gli occhi al cielo, senza vedere nulla. Eppure il Guardiano non poteva essersi sbagliato, motivo per cui partì verso la volta celeste, arrivando nello spazio aereo di Midgard. Lì, tra satelliti e detriti stellari, rimase in attesa e, pochi istanti dopo, vide l'immensa nave. Era davvero imponente, dotata di diversi cannoni. Il vascello più grande che il Tonante avesse mai visto.
Fermati! Disse a gran voce, eppure con un filo di incertezza. Non intaccherai la dolce Midgard! Il Tonante ti ordina di fermarti! Urlò. La sua voce potente venne udita da molti, persino sul pianeta vicino. Di certo anche dal pilota (o dai piloti) della nave. Ma non successe niente.
Thor, allora, si lanciò verso il mezzo, deciso ad artigliarne il rostro con le sue potenti mani. E così fu, il Dio fermò la nave da guerra e nulla poterono i suoi potenti razzi. DICOTI NO! Tuonò. Poi, con l'ausilio del possente maglio, il Tonante colpì il suo bersaglio con una scarica di fulmini. La nave parve arrestarsi. Dubbioso, il Dio si lanciò all'interno del carapace, sfondandone la fiancata a mani nude.


Cavi, tubi e schermi. Questo vide, ma andò avanti.
Il paesaggio tecnologico venne invaso da capsule trasparenti. In ognuna di esse, un essere vivente dormiente: erano in criogenesi. Non può essere... Disse Thor, trovandosi come in un sogno. Lui aveva già visto tutto questo.
Poi incontrò l'unica persona non dormiente della nave, il suo pilota. Un energumeno alto quasi quanto il Tonante, con uno strano muso deturpato come quello di un cavallo, eppure dotato di denti assassini. La sua armatura era un coacervo di cavi, acciaio ed elettricità. Tu! Urlò. Sei un demone come tutti gli altri! Assaggerai la mia ira! Disse e, a quelle parole, Thor capì che il loro era un rapporto "asimmetrico". Lui ricordava, ma l'altro no. E se ne rattristò. Fermati, guerriero! Lo supplicò. Ma non volle saperne e le loro mani si intrecciarono in una contesa di forza. Thor, conoscendo bene l'avversario, non lo sottovalutò nemmeno per un istante. Lo colpì col martello, mandandolo lungo disteso. Non c'è bisogno di combattere, ascoltami! Disse, ma l'altro era già in piedi. Bill! Continuò e, a sentire quel nome, l'altro ebbe un tentennamento. Come conosci il mio nome, demone? E ripartì la zuffa.

Thor venne colpito da un pugno che avrebbe polverizzato un carro armato, volando via. Il suo martello cadde vicino al suo avversario, eppure il Tonante non fece nulla per riprenderlo. Anzi, uno strano sorriso si aprì sul suo volto. Tutto combacia... Sussurrò a se stesso, mentre l'altro impugnava il suo maglio. E' una grande arma, la tua, demone! La prenderò in prestito! E fece forza, sollevando l'arma. Si dimostrò degno sin dal primo istante, come Thor sapeva già. E la metamorfosi iniziò in un lampo: luci investirono il corpo dell'essere, che venne ricoperto di un'armatura tale e quale a quella del Tonante.
Il Dio Alieno del Tuono! Il Possente Korbinita!
Quale mirabolante potenza! La mia gente sarà salva! Poi si rivolse a Thor. E tu sarai il primo! E si avventò sul Tonante. Lottarono per il possesso dell'arma, mentre il Figlio di Odino si rammaricava. Sperava che il Mjolnir avrebbe sbloccato "le memorie dormienti". E invece nulla. Padre, urlò! E' tuo figlio che ti parla! Punta il tuo sguardo su questa magnifica astronave e aiutami a dirimere questa inutile farsa! Lo sentirono fino ai confini dell'Universo. Passarono alcuni attimi, persi tra urla e muscoli. Poi, entrambi, sparirono.


"Lo straniero abituato era
alla bellezza e alla gloria.
Eppure, nulla poteva prepararlo
all'imponenza di Valaskjalf."

Alcuni avevano perso interessa in quella folle storia. Ma lo Jarl pareva interessato e ascoltava con un orecchio solo, l'altro dedicato ai sussurri di una vergine dai capelli biondi.



Erano nella Sala del Trono, tra i Dodici.
Tutti videro cosa stava accadendo: Thor e un misterioso alieno avvinghiati in una presa di lotta, come nel racconto della Vecchia Eili nel Castello di Utgard-Loki. Ora basta. Disse con calma Odino e Thor si fermò all'istante. L'altro provò a continuare la lotta, ma quel tono imperioso di voce aveva risvegliato in lui qualcosa. Senza contare l'ovvia autorevolezza del Padre di Tutti.
Siete tutti demoni! Disse l'alieno, sconvolto. Vi ucciderò tutti! Ma la mano di Odino, dolcemente, si era mossa e il martello finì nelle sue mani. Egli lo soppesò, soddisfatto. Bill del Pianeta Korbin, cessa questa guerra insensata. Non hai motivo di continuarla. Disse. Era successo nuovamente! Il guerriero si avventò sul regnante, al limite della sopportazione mentale e, ad un passo da Odino, si fermò, come pietrificato. Odino si alzò, lo sguardo di un padre affettuoso. Sei un grande guerriero, Bill. L'onore scorre potente in te. Sei, invero, il fratello di mio Figlio. Bill si inginocchiò, distrutto nel corpo e nello spirito. Qualcosa si era svegliato, ma ancora non bastava. Osservò l'unico occhio di Odino, cercando una risposta.

Tu e la tua gente avete abbandonato la vostra casa, insidiata dai demoni del fuoco. La tua nave, Skuttlebutt, è stata costruita per essere un'Arca della Salvezza. Sempre in viaggio, per tutto il cosmo, per cercare una nuova casa. Un destino davvero crudele. Bill piangeva in silenzio, la mano del Monocolo poggiata sulla sua spalla. Ma serviva un Guardiano. La parola finale suonò come una campana a morto. I più prestanti tra i maschi della tua gente vennero scelti per sostenere delle prove disumane. Più della metà di loro, morì. Durante la seconda prova, il numero diminuì ancora. E ancora e ancora. Al termine delle prove, rimase una mezza dozzina di candidati. Poi iniziò l'esame finale, il più atroce. Dottori, preti e ingegneri agirono sul vostro corpo. Distrussero la vostra anima e il vostro corpo, vi impiantarono nuovi organi, innesti contro natura. Sperimentaste ogni sfumatura concepibile del dolore. E infine... Odino si fermò. Cosa successe? Chiese. Bill non aveva la forza per parlare, così sussurrò solamente. Rimasi... solo... io... Solo in pochi, però, lo sentirono. Tu, il migliore dei Korbiniti, eppure superiore e diverso da loro, sei diventato il Custode della tua gente, ibernata nella grande Arca. Disse. E' per questo che hai potuto sollevare il Mistico Mjolnir. La tua sofferenza e la tua forza d'animo ti ha reso un pari di un Dio. Bill si mise in piedi, lentamente. Un Dio... Pensò a voce alta. Thor, invisibile e silente fino a quel momento, mise la sua mano sull'altra spalla del Korbinita. Padre e figlio stavano confortando lo stanco guerriero allo stesso modo. Chi sei, Bill? Chiese Thor. Sono Beta Ray Bill, il Difensore di Korbin... Iniziò a dire. Ma non solo. Disse Thor, sempre più affranto. Sono il pilota di Skuttlebutt... Mormorò. Il Tonante perse le speranze, ma Odino era di tutt'altra opinione.

Nella sala entrarono due nani. Essi erano i famosi Brokki ed Eitri. Uno di loro portava tra le mani un cofanetto di legno di frassino. A testa bassa, entrambi si avvicinarono al Re e si inginocchiarono, porgendo il misterioso regalo. Uno dei due, quello a mani vuote, parlò. Siamo riusciti nell'impresa, Padre di Tutti. Sentenziò. Abbiamo replicato la leggenda. Thor, allora, improvvisamente comprese e fece di tutto per non far trasparire il suo entusiasmo: come sempre, Odino sapeva tutto. Dopodichè, entrambi gli esseri, simili a bambini, si spostarono vicino al Trono di Odino. Quest'ultimo aprì la scatola, da cui scaturì una luce dorata accecante. Odino girò il contenitore, aperto, verso Bill ed egli ne vide il contenuto. La prima cosa che fece fu far cadere Mjolnir per terra. Si sentì, dunque, un gran tonfo. Lì dentro vi era "Lo Spezzatempeste", il martello dorato gemello di Mjolnir. Bill, caduto in estasi, quasi mosso da una volontà superiore, mise le mani sul martello e lo sollevò senza sforzo. Lo osservò per un lungo minuto, poi spalancò la bocca e guardò tutta l'assemblea. Chi sei, Bill? Chiese Odino. Thor si unì alla richiesta. Chi sei? Bill li guardò entrambi, poi spostò il martello sopra la sua testa con forza. Un tuono si sentì in lontananza. Sono Beta Ray Bill, possessore dello Spezzatempeste! Urlò al mondo, mentre un nuovo tuono si sentiva in lontananza. Ma più di tutti... Disse, girandosi verso Thor. ... Sono tuo fratello. Disse, porgendogli la mano. Thor, commosso, gliela strinse e, poco dopo, si abbracciarono. Poi l'alieno si girò verso Odino, abbassando il capo. Mi dispiace, Padre di Tutti. Io... Ancora non so bene cosa è successo. Disse. Non hai nulla da farti perdonare, figliolo. Hai tenuto fede alla tua promessa. Sentenziò. Quanto al resto, è una strana novità per tutti e la stiamo ancora studiando. Eppure molti, in quella stanza, non sapevano di cosa si stava parlando.


"I due fratelli, insieme sul Carro,
andarono verso i confini della Galassia.
Con loro vi era anche la sposa del Tonante
e tutti loro si ricoprirono di Gloria.

Combatterono i demoni di fuoco,
misero a soqquadro l'universo.
Eppure, tutto ciò era già avvenuto
in un altro tempo e luogo.

Era, tuttavia, solo l'inizio.
Il prode guerriero straniero,
Fratello di Sangue del Tonante,
divenne di casa ad Asgard.

Anche se, come sappiamo,
la sua casa è ancora lassù, tra le stelle."

Così il Bardo Einar terminò il suo racconto. E la sua lira si fermò. Gli astanti, sconvolti, gli chiesero come sapesse tutte queste cose, come le avesse inventate, come e quando erano accadute. Einar, sogghignando, riprese lo strumento.

"Fra molto tempo a partire da ora,
quando gli uomini perderanno la testa,
si consumerà la vicenda dei Fratelli del Tuono.
Come ho testè narrato."

"Che cosa dobbiamo imparare da questa storia?" Gli chiesero in molti.
La lira tornò a suonare.

"La gloria e l'onore, come sapete,
possono nascere ovunque e in chiunque.
Che vi sia d'aiuto, dunque, signore e signori,
a tirar fuori il meglio da voi stessi.

E, raddoppio, non cercate l'aiuto degli Dei,
ma scavate in voi stessi, come fece il prode Guerriero.
Perchè, come si sa,
gli Dei aiutano chi si aiuta da sè."

"Ancora, ancora!" Chiedono gli astanti, mentre lo Jarl, un pò indispettito, prende la parola. "Ci hai narrato di un essere proveniente da altri mondi che si dimostra pari del nostro Dio Thor. Non inviso alla Casa di Odino, ma, anzi, amato. Ebbene, io non credo ad una sola parola di quello che hai detto." Einar cercò di giustificarsi: raccontò di come sognò la vicenda in una sera d'inverno, di quanto gli fosse apparsa vivida. Ma, ciò, a nulla valse e venne cacciato a pedate.
Einar, trovatosi sotto la neve, di notte, sospirò, stringendosi nella pelliccia. Guardò il cielo, notando una luce. Era davvero la nave Skuttlebutt come immaginava? O, altrimenti, cosa poteva essere?
Dubbioso, si incamminò, deciso a non morire di freddo.

Nessuno lo vide mai più.







Uatu, al contrario dello Jarl, trovò la storia molto interessante e, volgendo lo sguardo ad Asgard, lo incrociò con quello di Heimdall, dotato di una vista simile alla sua. L'Osservatore si chiese se potesse essere davvero possibile una storia simile.

Secoli dopo, quando effettivamente avvenne, Uatu ne rimase davvero felice. L'ennesima stranezza di quel pianeta azzurro. Pensò, ormai abituato "a certe cose".

lunedì 25 febbraio 2019

Vespertilio - Il Girotondo delle Dimensioni

Avventura di Vespertilio. Un inseguimento del Giullare attraverso le dimensioni. Ci saranno un sacco di Batman in questa storia.

Il "Museum Scientiae", curiosamente vicino alla "Basilica" sembrava il primo posto svaligiato, nell'ordine. In seguito, vennero derubati diversi privati, tutti ricercatori dell'Università Pontificia o megalomani col pallino dell'elettronica. L'ultima persona, una donna di oltre cinquant'anni quasi sconosciuta a tutti, era stata anche uccisa a sangue freddo. Bruno potè osservare ad occhio nudo, e facilmente, almeno venti coltellate, date in tutti i posti possibili: la bocca, inoltre, era stata "allargata" in un sorriso innaturale sempre a causa di alcuni colpi di coltello che le avevano aperto le guance. Vespertilio aveva già delle idee in proposito, ma digrignò lo stesso i denti quando vide una carta francese spuntare da una delle ferite da taglio. Era una carta con la medesima illustrazione che aveva visto tempo prima, ovviamente lorda e sozza di sangue e altri fluidi corporei. Da li, collaborando con i mezzi della milizia, era riuscito a ricostruire una specie di "movente". Il Giullare, perchè sembrava evidente ormai fosse lui, stava seguendo una specie di percorso alla ricerca di tutti gli scienziati da derubare che potesse trovare. Arrivarono a questa conclusione dopo un duro e lungo interrogatorio all'Arlecchina e dopo aver controllato la refurtiva: si trattava sempre di congegni di vario tipo e dimensione. Apparentemente stava costruendo qualcosa o, come dedusse Bruno, li stava dando a "qualcuno".
Il Giullare è sicuramente un genio, ma non mi sembra il tipo di genio che costruisce cose così complicate. Io credo sia più uno da "successo immediato" col minimo sforzo.
Era rimasto vago con Gordio, non voleva dirgli del Gorilla, ma nemmeno fuorviarlo. Quanto a quest'ultimo, invece, era apparso nelle prime pagine dei giornali dopo che aveva urlato in diversi luoghi pubblici di essere "il primate più intelligente del mondo". Nessuno ha capito se fosse ironico o no, nè era riuscito a comprendere se fosse davvero una scimmia o quello fosse solo un costume. Ebbene, ogni volta che avveniva una di queste dimostrazioni, il soggetto appariva con un giocattolo nuovo. Proiettori, piccole macchine volanti o diavolerie peggiori. Ovviamente era inviso alla Curia, che mai aveva visto di buon occhio certe cose.
Era la solita storia, volevano il monopolio delle invenzioni e dei brevetti e compravano tutto quello che non riuscivano a corrompere. La dritta principale, stranamente, venne proprio da un'indagine in tal senso.
Era stato Duccio a pensarci.

Probabilmente non li ha scelti a caso, sembravano tutti tipi strani. Aveva detto. E il vigilante si diede da fare, credendo che l'intuizione del giovane potesse condurre a qualcosa di importante. Questo era successo poco prima di scoprire l'omicidio della donna.
Aveva scoperto in poco tempo che tutte le vittime avevano avuto problemi con i Preti, per un motivo o per un altro. Avevano avuto la sgradevole idea di rifiutare i soldi prima e le minacce dopo. Interessante. Forse il Bianchi desidera, in questo modo, far ricadere la colpa sulla Chiesa e sui suoi ipotetici Zeloti. C'era un gran parlare di queste figure che ormai avevano contorni mistici: si dice fossero sicari vestiti di bianco, col dovere sacro di proteggere la "Chiesa di Dio sulla Terra" dai suoi nemici. Come tutte le leggende, però, nessuno li aveva visti ne vi erano prove della loro esistenza. Quanto a Bruno, lui credeva fossero una fandonia, o meglio che in passato avessero davvero agito, ma che ora erano stati sciolti, in quanto gli omicidi di questo tipo potevano creare martiri. E la Curia stessa, avendo avuto essa stessa martiri, sapeva quanto potere era riposto in loro dal popolino.
Gli omicidi di questo tipo erano lentamente calati col tempo, sostituiti da un blando istupidimento dei media ad opera del "Consorzio per la Verità", il braccio propagandistico del Papa. Qualcuno se ne era accorto, altri meno. Questo perchè i turni di lavoro di dodici ore non lasciavano molto tempo alla speculazione. Una persona tornava a casa a pezzi, accendeva il televisore e recepiva tutto senza difese. E pagava le tasse.
Il Giullare aveva rievocato queste figure, chiamate così a causa del passato di Gesù Cristo, una figura che Vespertilio credeva ben poco reale (o almeno dubitava che fosse proprio come descritto nei libri sacri). Ma lui non aveva abboccato, anche se la figura nella ferita della donna era un'altra chiara sfida.
Entrare in competizione con quell'uomo avrebbe sfiancato persino il più resistente degli uomini e la persona con più autocontrollo. L'omicidio della signora aveva dato la scossa a Vespertilio, finchè si trattava solo di furti era tutto molto fumoso. Inoltre il fattaccio delle ragazze non aveva, in nessun modo, aiutato Bruno a dormire, oltre ad avergli creato altri problemi. Era sempre un vigilante, ma qualcosa si era rotto, almeno momentaneamente. Quella barbara esecuzione, a scopo di furto, aveva ridestato il (non così) vecchio combattente. E, dopo un pò di tempo passato al suo schermo personale, aveva ridotto i candidati di un possibile furto a soli due nomi.

Mandò Duccio in quello che lui riteneva meno probabile, con l'ordine di raccogliere solo informazioni e seguire eventuali minacce. Ovviamente sarebbe stato tracciato con una microspia. E tutto questo sarebbe valso anche per sè stesso, Alfredo lo avrebbe tenuto d'occhio dal suo Antro. Perciò andò a prepararsi, come l'ultima volta, pronto a fermare il crimine di nuovo. Magari senza il morto questa volta. I morti, anzi.
Duccio doveva andare a piantonare la casa di Edoardo Nigma, pazzo inventore con una certa fissazione per il colore verde, mentre Bruno sarebbe andato davanti all'abitazione di tale Alessandro Lutero, un tizio famoso in zona per avere "la testa più lucente di tutti", poichè pelato. Ah, era famoso anche per farneticare tantissimo riguardo certi alieni il cui nome sembrava iniziare per "k". Attivato il visore notturno, si impegnò a spiare l'appartamento dall'unica finestra che vedeva. Era sul letto insieme ad una donna. Però... E' proprio una persona di buon gusto! Pensò sorridendo involontariamente. Neanche dieci minuti dopo, sentì dei rumori provenire dalla strada poco distante. Erano una mezza dozzina di persone, tutti mascherati come se fosse "La Notte dei Mostri" delle festività pagane. Era una festa illegale, ma qualcuno ci provava, ogni anno, a fare qualcosa. Nel gruppo, uno era visibilmente più grosso degli altri e aveva le braccia insolitamente lunghe. Istintivamente, per intuizione, Bruno pensò al Signor Gorilla. La corporatura poteva essere simile. Doveva intervenire, anche nella sua palese inferiorità numerica. Prese una bomba dalla cintura e la lanciò ai piedi degli uomini, non appena furono a pochi metri dalla porta. Questa volta, però, Bruno aveva già attivato il visore e si buttò nella mischia senza nessuna esitazione. Le figure intorno a lui tossivano e si muovevano come ubriachi, cercando di capacitarsi della situazione e capire cosa stava accadendo. Senza nemmeno perdere un secondo, Vespertilio colpì uno sulla maschera, dove doveva essere la mascella, dislocandola, poi lo proiettò. Come ultima cosa, gli spezzò un braccio. Avvenne tutto in due secondi o meno. Poi si diresse verso quello più vicino e lo colpì con il calcio al ginocchio, piegandoglielo in maniera innaturale, infine lo mandò a dormire con un colpo alla gola. Il terzo, che ancora tossiva nonostante l'efficacia della bomba stesse diminuendo a vista d'occhio, aveva appena notato fosse una donna, ma non ebbe sconti: la colpì con una gomitata sulle costole, incrinandogliene un paio. Come ultima cosa, la lanciò verso il nemico più vicino, facendoli finire entrambi a terra.
Silenziosamente colpì la faccia del quarto, appena finito a terra a causa del peso della donna.

Prese due dei suoi coltelli, pronto a lanciarli verso gli ultimi due, quando notò una pistola puntata verso di lui. Il fumo ormai si era diradato, perciò quello non poteva sbagliare. L'impatto gli troncò il fiato e lo fece cadere sulla schiena, un dolore fortissimo alla spalla sinistra.
E' lui! E' lui! E' il messer pipistrello puzzone!
Inavvertitamente, il vigilante parve sorridere. Non erano rare le battute sul suo cognome e quell'insolita coincidenza aveva dell'irreale. L'ultimo iniziò a calciarlo mentre era a terra. Al terzo attacco, Bruno riuscì ad afferrargli la gamba e a torcerla. Ma qualcosa andò storto, dato che non riuscì a slogargliela come aveva sperato. La gamba sembrava più forte e resistente, quasi "non umana". Riuscì comunque a fargli perdere l'equilibrio, questo gli diede il tempo di alzarsi con uno scatto, diretto verso il Bianchi (ormai era chiaro fosse lui, anche con la maschera) che, libero dall'ingombro del "gorilla", stava per sparare di nuovo. Il vigilante diede un colpetto alla canna dell'arma, che fece fuoco in aria.
Partì un furioso corpo a corpo, attività in cui Vespertilio era avvantaggiato in quanto possessore di una corazza che lo rendeva quasi imbattibile per un semplice umano: anche parare un colpo era per il Giullare fonte di grande dolore. Dopo essere finito a terra per la terza volta, era sul punto di arrendersi, o almeno così credeva il pipistrello, quando sentì un colpo alla schiena talmente forte da rimanere intontito per diversi secondi. La scimmia si era strappata la maschera, rivelando il volto di un primate. Colto alla sprovvista, l'eroe fece un balzo indietro. Il Giullare, intanto, era entrato nella casa di Lutero, indisturbato. Bruno, impegnatissimo com'era a difendersi da quei colpi pesanti come badili, non potè far niente. SI ritrovò avvinghiato in una gara di forza, palmi contro palmi, risolta da una testata che, credette, aveva rotto il naso all'animale. Poi continuò con una scarica di pugni, nell'esecuzione molto simile al pugilato antico, riuscendo a guadagnare un vantaggio. L'altro, col naso gocciolante, sicuramente avrebbe respirato a fatica.
La mischia ricominciò, ma dopo pochi minuti tornò il Bianchi. Urlò. Hai visto, stupida scimmia? E tu che credevi di essere l'unico con la memoria fotograficaahaa ahahah! Gridò sventolando una scatola di scarpe. Il rumore all'interno fece capire al pipistrello che non fosse affatto vuota. Che avete in mente di fare, bastardi? Urlò Vespertilio. Sperava di guadagnare tempo per inventarsi qualcosa, ma di certo non poteva tenerli a bada contemporaneamente. Non se uno di loro aveva quella forza.
Andiamo a fare un giro! Rispose il criminale e iniziò a correre. Il combattimento è fatto di piccoli attimi e il tempismo è tutto. Bruno lo perse momentaneamente per seguire il suo avversario con lo sguardo, leggerezza che pagò subendo un colpo alle tempie. Cadde stordito.

Dieci minuti dopo, passati da semi addormentato, riuscì a trovare la forza di rialzarsi. Dalla cintura prese perciò un dispositivo e lo accese. Una mappa bidimensionale di Roma apparve sullo schermo, con un punto rosso che stava fermo. Durante la lotta era riuscito ad attaccare una piccolissima microspia sul corpo del bestione. Alzandosi, premette un tasto sul medesimo dispositivo. La schermata di CheCosAPP apparve immediatamente. Chi avrebbe mai detto che il vigilante di Vaticham City aveva una predilezione per quel genere di cose? Registrò un messaggio vocale per Duccio.
Il Giullare è stato quì. C'è stata una colluttazione ma è fuggito e ora intendo andare a cercarlo. Non venire, potrebbe essere molto pericoloso. Attento invece a Pinguino, che pare sia tornato in città.
L'ultima cosa era una balla, atta a tenere occupato il suo ragazzo mentre lui si occupava delle cose serie. Salì sui tetti, quindi, per inseguire i suoi nemici. Il Pettirosso avrebbe sentito prima o poi il messaggio, forse molto tempo dopo (dato che credeva uscisse senza, non avendo tasche a sufficienza), ma sarebbe successo. Bruno si sentiva apposto con la coscienza.
Tramite le sue doti di corsa acrobatica arrivò all'ennesima catapecchia della città. Buon dio, sembra che tutti quì amino vivere in posti come questo! Pensò.
Temendo una catastrofe impellente, sfondò la porta con un calcio e corse attraverso il corridoio che aveva davanti. Non incontrò nessuno e, appena entrato in una sala enorme, notò il congegno.
Non aveva parole per descriverlo, ma sembrava pulsare ed era pieno di cavi. Luccicava. Più di qualsiasi cosa avesse mai visto. Il gorilla stava premendo dei tasti sulla tastiera di un computatore, mentre il Giullare giocava al telefono. Probabilmente non si aspettavano visite: questo era forse il motivo per cui erano soli.

Lo notarono.
Merda! Tienilo occupato mentre finisco gli ultimi ritocchi! Il Giullare nemmeno rispose e, presa una mitragliatrice, sparò tutto intorno alla figura di Vespertilio che, però, si era messo preventivamente dietro una parete.
Ho capito che è successo! Urlò.
Hai capito che morirai?!
Avete rubato componenti per tutta la città per costruire questa... "Cosa"! Volete fare un giro dove? Vola, quest'affare?
Ma sentiva solo spari. In tutti i momenti, in quell'avventura, aveva pensato a cosa potesse significare quella parola, "Gotham". Suonava incredibilmente e stranamente familiare, inoltre la similarità con il nomignolo della sua città lo inquietava. La cosa certa, o quasi, era che quell'oggetto non poteva volare, data la forma quasi perfettamente sferica che aveva. Sembrava invece predisposto a tutt'altro tipo di viaggio.
Volete viaggiare nel tempo, pazzoidi?
Quasi ahahahahahahah!
Nello sparare, il Giullare si era avvicinato. Lo "scienziato" era ancora attaccato alla sua postazione, vicino alla sfera. Vespertilio a circa dieci metri da lui e il Bianchi in mezzo.
Fu allora, quando il Gorilla aveva apparentemente finito di battere i tasti, che il pipistrello si decise. E sparò con Harpago, verso il computatore.

Poi accaddero diverse cose.

I colori si "deformarono".
I suoni persero colore.
Lo spazio parve accartocciarsi, mentre i tre esseri urlavano.
L'onda d'urto azzurrognola della sfera li colpì in ordine di vicinanza. Scomparvero uno ad uno.
Un vortice di colori bizzarri assalì gli occhi di Bruno, che urlava come se stesse per morire. O forse, dopotutto era già morto. Stava sperimentando l'aldilà.
Poi tutto divenne bianco.

Infine, tutto nero. Il vigilante chiuse gli occhi. Poi li riaprì.

Era in una stanza. Così simile a quella precedente da far venire i brividi, solo i colori sembravano tutti "più spenti", come se fosse notte o l'atmosfera fosse diversa da quella che ricordava. Si alzò, tastandosi. Nulla di rotto. Perlustrò ogni spazio, ma era solo. Allora decise di fare il corridoio fatto pochi minuti (ore?) prima, uscendo all'aperto. La visione lo lasciò senza fiato.
Palazzi neri, enormi, pieni di vetro e con una architettura barocca. Insegne luminose ovunque e una quantità di scritte talmente elevata da sovraccaricarlo di informazioni in un attimo. I rumori erano molto diversi e alieni, ma la cosa che si sentiva, nonostante tutto, era una certa oscurità, come se quel mondo fosse stato creato partendo dal nero.
In cielo una luna piena perfetta e lattiginosa splendeva come un sole su alcuni zeppelin che, apparentemente, pubblicizzavano prodotti. La puzza era di fogna. Una persona con gli auricolari lo urtò.
Ehi, amico! Ma... Si interruppe non appena Bruno lo fissò. Ma che cazzo sei? Batman? Sei un nerd in cosplay da Batman cavaliere? Ma che coglione! E se ne andò. Particolare interessante, parlava in inglese.
L'inglese si parlava a Vaticham City ma era poco frequente. Era molto più usato l'italiano (usato molto dagli oppositori della Chiesa), ed ovviamente il latino. Ma lui non aveva problemi a parlarlo.
Una cosa lo colpì. Batman, uomo pipistrello. Mi aveva chiamato così la stampa, per un periodo. L'analogia col mio nome è evidente. Preso da un'improvvisa illuminazione, salì sul tetto, come soleva fare nella sua città.
No, non abbiamo viaggiato nel tempo. Disse tra sè e sè. Guardava il pipistrello gigante che campeggiava sulle nubi, poco distante. Fu una conferma per lui, la penultima. L'Evocatio. Si prese il mento fra le mani, ora un poco incredulo. Ma la figura che gli si palesò davanti distrusse all'istante ogni dubbio.
Buonasera, "collega". Disse Batman, quello senza l'armatura. La sua faccia, o quel poco che si intravedeva dalla maschera, non aveva nessuna espressione. Bruno ne era sicuro, lui sapeva qualcosa, sicuramente più di lui. Salve... Batman. Dire quell'ultima parola lo lasciò prosciugato.
Dobbiamo parlare. Disse il nuovo arrivato, la sua figura completamente nera. Vespertilio rispose dopo aver deglutito. Si, dobbiamo proprio.

Non abbiamo viaggiato nel tempo, no no... Abbiamo viaggiato nelle dimensioni.

- Vediamo se ho capito bene... Disse Bruno, guardando il camino.
- Seguendo il Giullare, che tu chiami "Joker", sono entrato in un vortice spaziale, o boh, che mi ha portato in una versione della Terra diversa da quella che conosco, in cui la Chiesa è uno staterello dentro l'Italia (uhm) e in cui c'è un me alternativo che, di nuovo, casualmente, ha un nome molto simile al mio, ma in inglese. Bruce Wayne, no?
- Esattamente.
- Non riesco a essere convinto.
- Provo ad indovinare. I tuoi genitori sono morti in maniera cruenta. Non usi armi da fuoco, né uccidi i criminali. Hai una strana fascinazione per topi volanti. Ti riempi di giocattoli pericolosi, ma non troppo. Monocromatico, col maggiordomo che ti ha cresciuto. Il costume emana cattivo odore dopo che lo togli... Devo continuare?
- Come fai...? Disse, sapendo già la risposta.
- Io sono te. So tutto di te. Fra un'ora, o poco meno, tu saprai tutto di me e continueremo a parlare. C'è molto di cui discutere e poco tempo, ma certe cose vanno fatte con criterio.
- Che devo fare? Bruno mostrava le debolezze solo a se stesso. Mai più vero di ora.
- Fatti un giro, cerca di capire cosa sai e cosa credi di sapere. Gli mise una mano sulla spalla. Ti capisco. Ci sono già passato.
Bruno non disse nulla, si alzò dalla sedia solamente.
- E non temere, tu sei Batman. Suonava infinitamente meglio di Vespertilio. Bruno non gradiva quella sensazione, come quasi tutto quello che gli era capitato negli ultimi minuti.
E visitò Gotham City, coi vestiti che Bruce gli aveva dato.

Dejavù.
E' la sensazione principale che sentiva il viaggiatore. Il ristorante di Falcone, il più grande, era lì dove pensava fosse. Riconobbe la stazione di polizia (della milizia?) senza volerlo, la facciata dell'Arkham Asylum era sempre là. Non ci era mai stato, ma sapeva tutto. Si sentiva quasi come un imbroglione o un truffatore. La cosa assumeva risvolti più comici sapendo che la sua città stava da tutt'altra parte anche da un punto di vista geografico. Ma quella città oscura e gotica aveva anche la stessa planimetria e, Bruno ci avrebbe scommesso, anche la stessa popolazione e densità. La cosa più strana, dunque, era la diversa illuminazione e architettura. Se era vero che la storia era andata diversamente, nonostante "molto" fosse rimasto uguale, e che la Chiesa fosse (almeno sulla carta) molto meno potente, lo si poteva ben vedere. Il nero e il grigio dominavano tutto ma, forse a causa di questo, le insegne sembravano più forti che mai. Sembrava un paradiso (un inferno?) luminoso e pacchiano, fatto di pubblicità mobili e quasi olografiche. La puzza, però, era diversa. Più americana? Si accorse che quel pensiero era strano, non era suo. Forse il viaggio aveva offuscato o alterato i suoi soliti schemi di pensiero, forse la traversata stava avendo i suoi effetti. Forse anche il mio doppio starà sperimentando qualcosa di simile.
Dopo un pò di tempo, tornò alla dimora. Esplorò la Bat-Caverna, diede un'occhiata ai gadget e alle automobili (che a lui ancora mancavano). Alfred lo trattava con uno strano distacco misto a gentilezza. Il naufrago pensava che stesse cercando di trattarlo come se fosse davvero il padrone, ma che non fosse così facile. E come dargli torto...
Anche la vita privata e senza maschera del suo "salvatore" era simile alla sua: famiglia potente (ma non nobile), serate di gala, eredità, soldi a palate, donne e pettegolezzi. Anche le stesse voci, dette da persone e giornali simili.
E' tutto così inquietante.
Non era sicuro di aver trovato riferimenti alla storia della Casata Wayne, ma non aveva nemmeno cercato così a fondo. Andò al bagno, che era uguale al suo, dopodichè andò da Bruce. E sapeva dove andare, per i soliti motivi. Lo trovò che digitava al computer, sorprendendolo. E' inutile che cerchi informazioni sulla mia realtà, sai benissimo che è inutile. Bruce rispose. Stavo approfondendo le mie conoscenze italiane, su Roma e...

... e il Clero. Tu sei me, ricordi? So tutto. Parlando ci scambieremo informazioni. Bruce annuì. Il suo doppio aveva parlato col tono di voce condiscendente suo (di chi?) tipico. Era come parlare con uno specchio.
Tre ore dopo, ogni vigilante sapeva perfettamente tutti i dettagli, o quasi, della vita dell'altro: aiutanti, nemici, segreti, avventure, problemi, cibi preferiti e gusti musicali. Per non parlare dei gusti sessuali (di cui non parleremo, perché si tratta di gentiluomini), alimentari e d'intrattenimento. Dè Guani scoprì quindi la storia dei vari Robin che si erano succeduti, temendo per il proprio. Non temere riguardo quello, ho visitato delle realtà in cui non c'erano "i Robin", ma un solo "Robin". Io e te siamo sorprendentemente simili, ma non perfettamente uguali. Non tutto combacia. Questo servì a rilassarlo, anche se iniziava a sentire un forte mal di testa.
Poi parlarono del Joker, o Giullare. Bruce Wayne, il "Batman" locale espose la sua folle teoria come se fosse la cosa più normale del mondo. Prima che tu arrivassi, alcuni giorni fa, i miei macchinari rilevarono una quantità incredibile di particelle quantiche fuoriuscire da quella che sembrava una casa, nei quartieri bassi. Ho settato la mia tecnologia per avvisare quando succede qualcosa di "insolito". Essendo tutto ciò molto strano, ed essendo io stesso stato allertato tramite segnale acustico, sono andato a controllare. Ovviamente non trovai niente ma, tramite le telecamere cittadine, riuscii a ricostruire qualcosa: apparentemente erano arrivati due personaggi: un tizio molto simile al Joker, così simile da spaventarmi per la somiglianza e un uomo grosso come Gorilla Grodd. In realtà era arrivato prima il Gorilla, e mi aveva allertato. Poi, mentre viaggiavo, deve essere suonato l'allarme di nuovo, questa volta per il tuo Giullare. In ogni caso li ho persi entrambi, dato che il posto era molto lontano da quì. Pausa. In breve, sei arrivato per terzo... Una volta è successa anche a me una cosa simile, e finii in ben altro posto, ma con un ritardo. Probabilmente dipende dalla distanza che intercorreva tra te e il fulcro, la macchina. Credo sia per questo che sei arrivato per ultimo.
Bruno non disse niente, ma aveva ben compreso. Da come parlava Batman, era evidente che i nemici facevano parte del pacchetto come tutto il resto. E da come parlava di questo "Joker" era evidente che lo temeva. Chiese come mai, secondo lui, si fossero fatti vivi quì e se fosse stato casuale.
Non lo so il perché, ma ho delle idee. Inoltre, il Joker è evaso da Arkham mentre eri fuori. E' ovvio... Si fermò.

Vespertilio finì la frase, dopo pochi secondi di vuoto. ... Che qualcosa bolle in pentola!
Solo in quel momento si rese conto anche della incredibile somiglianza somatica del suo doppio. Nonostante i suoi tratti fossero mediterranei e quelli dell'altro no, era evidente un collegamento.
Poi parlarono del piano. Infine uscirono, in costume. Insieme. Il "Dinamico Duo", di nuovo, ma senza Robin. La stampa locale, abituata alle sempre nuove reclute della Bat Family, non se ne stupì più di tanto, ma l'articolo che uscì in prima pagina l'indomani aveva il seguente sottotitolo: "I due Cavalieri Oscuri sono stati visti sui tetti ieri sera e, apparantemente, uno era davvero un Cavaliere!"

Quella notte seguirono tracce, interrogarono persone, giunsero alla meta. Lì Vespertilio, ammirato dall'abilità del collega, ebbe uno strano senso di dejavù, ancora una volta. Un capannone, un macchinario gigante, ma il doppio dei personaggi. le due versioni del Gorilla e del Bianchi sembravano come bambini in un asilo. Schiamazzi, dispetti e risate sovrastavano tutto. I due Joker risero come se avessero appena visto un fantasma estremamente divertente.
- Eccoli, i due pipistrelli! Uno antico, uno moderno. Diversi, ma stupidi allo stesso modo! I più pazzi di tutti, ma che non hanno mai messo piede in un sanatorio, curiosamente! Parlarono all'unisono, come se fossero marionette rette dagli stessi fili. Era evidente che apprezzavano l'evenienza, ma avevano altri piani, perché, poco dopo, successero due cose: i due Gorilla vennero spinti via e i due Giullari scomparvero, si volatilizzarono in un lampo azzurrognolo.
I due primati, stupiti, non opposero una gran resistenza. Sembravano sotto shock, ma il rancore per essere stati traditi, o almeno questo apparve dai loro discorsi, li aveva resi docili. Non erano a conoscenza dei piani dei due pazzi, ma confermarono almeno in parte le idee che i due pipistrelli si erano fatti al riguardo. Poco tempo dopo, le due scimmie vennero divise, quella locale finì ad Arkham, dopo mesi di latitanza. L'altra invece venne costretta, suo malgrado, ad aiutare i due detective in nero. Si fecero spiegare il funzionamento della macchina, le frequenze, parlarono per più di due ore e i due Bruce/Bruno carpirono ogni singolo elemento. Per vedere se avevano compreso, spedirono il Gorilla di Vespertilio nel proprio universo: ed effettivamente sparì in un lampo anche lui. Fu allora che, scherzando, Bruce Wayne chiese.
Non abbiamo pensato a come essere sicuri che tutto sia andato bene. Ma sapeva già la risposta, era come un copione letto dallo stesso autore. La risposta era: Te lo dirò in qualche modo quando tornerò a casa. Per ora, un problema in meno. Ora dobbiamo seguire quei due. Senza perdere tempo, regolarono di nuovo la macchina sferica. Uno dei due disse di poterla perfezionare con sufficiente tempo e limitare il margine di errore, l'altro disse che era in grado di farlo anch'esso.
Si augurarono buona fortuna per il successivo Batman che avrebbero trovato. E anche il successivo Joker. E tutti gli altri, personaggi di un dramma già visto. Cambiavano solo i costumi, come in una "moderna" interpretazione di un'opera Shakespeariana con l'ambientazione cambiata. Ah, nel mondo di Vespertilio il drammaturgo era, ovviamente, italiano. Il suo (discutibile) nome era Guglielmo Scuotilance, ma questa è un'altra storia.
Si tennero per mano, nonostante la smorfia di disgusto che pervase entrambi, per evitare di essere risucchiati in posti diversi, dopodichè premettero il fatidico pulsante.

Di nuovo, un caleidoscopio di immagini, sensazioni, odori, storie e personaggi. Le loro figure si allungarono, poi rimpicciolirono, cambiarono colore, in seguito vennero catapultati in un nero assoluto e primordiale. Infine, in una nuova realtà.
Apparentemente molto simile alle loro, ma con leggeri cambiamenti. L'arrivo non fu brusco e lo shock culturale non durò a lungo. Il mondo in cui erano finiti sembrava simile all'età Vittoriana, quello che nel mondo di Batman era chiamato "steampunk". Lì presero accordi con il vigilante locale, chiamato sempre Batman (Bruno la prese un pò male) e gli dissero quello che secondo loro stava succedendo. Si erano riuniti in uno zeppelin color rosso fiammante. Bruno prese la parola e si presentò, parlando anche del suo amico. Tutti sapevano tutto di tutti e questo era strano. Molto strano.
Interrogando i Gorilla, abbiamo scoperto che i Joker parlavano di "assemblare un'armata". Non sappiamo di preciso a cosa si riferisse ma, contando che è finito da queste parti, crediamo vogliano riunire tutti i Giullari delle dimensioni per creare un'armata inarrestabile... E uccidere tutti i pipistrelli. Si, sembra una trama folle e incredibile, e non abbiamo prove, ma... Insomma, parliamo di una persona non troppo a posto. Annuirono tutti. E continuarono a scambiarsi informazioni.
Quel mondo era curioso e particolare. Si viveva benissimo anche senza la tecnologia "moderna". Bruno pensò che la corsa alla tecnologia era futile e fine a se stessa, ci sono limiti da non superare (in negativo e in positivo), ma si vive bene anche con poco. Corsero su palazzi, in cieli pieni di smog, solo per vivere un'avventura simile alla precedente. Il medesimo covo: con tre nemici al posto di due o uno. Curiosamente, senza Gorilla. Vespertilio quasi ebbe un mancamento a rivedere la stessa scena, ancora una volta. La vicenda aveva assunto un contorno "spaziale", eppure perché sembravano internati in un loop temporale? La spiegazione più logica era che spazio e tempo erano collegati in qualche modo arcano. Del resto, anche tutte le tecnologie del mondo (dei mondi?) non erano giunte a spiegare ogni cosa, forse dei misteri sarebbero rimasti per sempre. Questo pensò Bruno, in una frazione di secondo, mentre si preparava, prendendo in mano la spada rinfoderata, alla lotta che sarebbe iniziata poco dopo.
I supereroi chirotteri, da che mondo e mondo, erano "preparati al peggio" e "alle cose più strane" in virtù del loro essere Batman. Era la matrice cosmica indissolubile di quegli uomini, fatti tutti con lo stesso "stampino". Ogni Wayne era al corrente di tutto quello che accadeva nel suo mondo e pronto ad accogliere altri se stessi in virtù del fatto che erano copie di se stesso. Era tutto già scritto. Anche per i Joker era lo stesso, ma, per definizione del personaggio, loro non avevano (hanno?) la stessa strumentazione degli eroi, motivo per cui, nonostante il vantaggio racimolato nei viaggi temporali, finivano per essere sempre sorpresi prima che potessero attuare un nuovo viaggio.

O forse, semplicemente, il "demiurgo di tutto" aveva voglia di divertirsi, ponendo sempre le medesime situazioni.

I vigilanti si gettarono sui rispettivi nemici e iniziò una furiosa baraonda. Fisicamente, i Wayne/Dè Guani erano superiori, ma gli avversari non erano sprovveduti, essendosi ricoperti anche loro di un'armatura di colore verdastro, probabilmente proveniente da quel mondo. Il Batman "normale" sbattè la testa del suo nemico sul macchinario, sferico ancora una volta, attivando delle luci. Fu allora che il Giullare colpì Bruno alla pancia con il suo stivale rinforzato, facendolo cadere dalle scale che aveva visto tutte le volte vicino al macchinario.
Staccò un pezzo dall'enorme dispositivo, grande all'incirca come un telecomando per il televisore della realtà di Bruce Wayne del "secondo" universo, poi, sul punto di premere un tasto, venne placcato da Vespertilio. Finirono a terra, dove iniziò un furibondo incontro di lotta. Anche in quel campo il Bianchi si dimostrò un bravo combattente anche se, dopo molte evoluzioni, Bruno riuscì a rompergli un gomito. Il "crack" risvegliò nel nemico un furore nuovo. Dè Guani venne colpito al naso che, nonostante la protezione, si ruppe per l'ottava volta. Intanto, gli altri Batman avevano sopraffatto fisicamente i propri avversari (e questo fece un pò storcere il naso rotto al cavaliere Dè Guani), perciò si gettarono sul Bianchi per avere ragione di lui, ma lui scomparve di colpo. Il Batman "steampunk" diede un'occhiata al macchinario, ricordando le parole che si erano scambiati poc'anzi. So farlo funzionare. Si scambiò un'occhiata con l'altro Batman. Era la prima volta, si accorse Bruno, che lo sentiva parlare. Gli pareva incredibile che prima avessero parlato loro due, ma apparentemente...
Continuò: Vai anche tu, seguilo, fermalo! E' solo, anche se proverà ad arruolare, credo, altri come lui! Vespertilio rispose. E voi? Come faccio a tornare? Come lo seguo se cambia ancora? Domande cretine, gli risposero come avrebbe risposto lui. Fidati. Del resto, noi siamo Batman. Pausa. Sei tu che devi chiudere la faccenda, da solo. Noi ti aiuteremo, dal momento che siamo una famiglia... O quasi. Vespertilio pensò ad una famiglia fatta di persone identiche, ma con magliette diverse. Questi viaggi hanno provato a sufficienza il continuum spaziale, non appesantiamolo ulteriormente. Inoltre, in due ai macchinari è meglio. Al tuo arrivo, capirai.
Settarono la macchina sulle ultime coordinate immesse e Vespertilio scomparve. Un altro viaggio astrale ebbe inizio, questa volta gli parve di vedere diverse figure umane ridere nello spazio, vide altri Robin nuovi. Cose che non aveva mai visto, cose che vedrà e cose che non avrebbe mai osservato si fusero nella figura di un pipistrello gigante. O forse fu solo nella sua testa. Fatto sta che, questa volta, all'arrivo, vomitò copiosamente. In quale universo ho mangiato l'ultima volta?Pensò.

Era approdato in una zona desertica, ma alcune costruzioni, in lontananza, facevano sembrare quel mondo simile alle zone che Vespertilio aveva visto nello Shogunato. Senza sapere perché (o forse si?) sollevò gli occhi al cielo: un uomo vestito di nero si stava avvicinando a lui, attaccato ad uno strano marchingegno. Bruno poté vedere il kanji "蝠", fuku, scritto dietro l'uomo, sulla superficie dell'aquilone (perché di questo si trattava). Significava pipistrello, lo ricordava bene. Poco dopo l'uomo arrivò a terra, senza emettere nessun rumore. Era abbigliato come uno shinobi di quelli che aveva visto in quelle lande lontane. Gli mise nelle mani un oggetto a forma di parallelepipedo e un biglietto, poi volò via senza una parola. Vespertilio non fece domande, nè a sè stesso nè a nessun altro. Il biglietto, scritto in latino (tranne che per alcuni "neologismi"), diceva:

"Alla cortese attenzione di Vespertilio,
l'oggetto che Fukujin ti ha recapitato è una replica quasi identica a quella del tuo amico Giullare. In più, però, conoscendo la missione che devi svolgere, lo abbiamo dotato di un'ulteriore funzione: lo schermo che vedi è in grado di rilevare il suo gemello, in mano del Joker. Non chiederci come abbiamo già fatto tutto questo. Forse lo immagini, ma te lo confermiamo: il tempo scorre in maniera strana tra le dimensioni, qualsiasi cosa questo significhi.
Noi siamo te, tu hai tutte le risposte.

Batman"


E iniziò l'inseguimento. Il Bianchi sapeva di essere braccato, si sentiva il fiato sul collo. E, col braccio rotto, non si sentiva in grado di difendersi, perciò, non appena vedeva Bruno arrivare, attivava il congegno, conscio del fatto che sarebbe stato comunque braccato. Visitarono, nell'ordine:
un mondo innevato e percosso perennemente da venti gelidi, in cui le persone vivevano in caverne, unico riparo dal freddo, e con un Batman vestito di bianco e impellicciato; un mondo coperto da una tenebra fitta e impenetrabile, pieno di castelli altissimi e guglie, lì il giustiziere aveva i canini insolitamente lunghi e sembrava poco collaborativo; una dimensione in cui tutti sembravano animali antropomorfi ma dotati di parola, l'uomo pipistrello di quell'universo era, invero, un pipistrello (ma vestito da uomo); infine approdarono in un mondo all'apparenza simile a quello del Batman del primo universo visitato, e lì il Joker crollò a terra. Ogni volta, gli eroi si coalizzavano contro il rivale che, puntualmente rimaneva solo e, sempre puntualmente, il Batcavaliere lo inseguiva. Fino a quel punto. Il Bianchi sembrava sconfitto, ma non aveva perso il sorriso, anche se stava ansimando dalla fatica.
Batman caro! La confusione, a quel punto, era palese in entrambi i fronti. Tutta questa corsa! Per cosa, poi? Ci ho appena riflettuto: tu non puoi uccidermi! Non lo fai mai, non ti va, non puoi proprio! Che ci stai a fare qui? Dov'è il Ragazzo Meraviglia? Vespertilio, stanco come e quanto lui, si avvicinò al Giullare, grondante di sudore e odio. E' finita. Disse. Ma l'altro rideva. Rideva e si prendeva gioco di lui, e intanto metteva mano al telecomando. Ma questa volta Bruno non era disposto ad altri viaggi, la questione doveva finire in quel momento, subito. Lanciò un Pugio verso l'aggeggio, facendolo cadere e mandandolo apparentemente in corto circuito: piccoli fulmini sembravano scaturire da esso, insieme a del fumo. Bruno prese il Bianchi per il colletto e lo prese a pugni. L'altro si mise a ridere, una risata sincera come quella di un bambino. Sferrò così tanti pugni da perdere il conto, gli spezzò naso e denti, gli occhi divennero gonfi. Ma il riso non terminava, anche se la bocca era gonfia di sangue. Gli occhi iniettati di sangue dell'eroe erano visibili riflessi in quelli dell'avversario. Qualcosa stava cambiando in lui.
Qualcosa di imprevedibile, stava per succedere.

Le risate intanto continuavano e, per il nervoso, un pugno più forte degli altri fece cadere il Giullare sul dispositivo che, poco dopo, emise strani suoni. Vennero catapultati in un'altra realtà, ma questa era diversa. La differenza sostanziale era la mancanza di dejavù da parte del vigilante, onnipresente in quella rocambolesca avventura. Un mondo simile alla prima Gotham City che aveva visto, palazzi ovunque, gente, la luna. Ma mancava qualcosa. Lo schock, questa volta vero, di trovarsi in una tale situazione fece ululare Batman come un lupo su un dirupo. L'impotenza lo aveva fatto uscire di senno. Si era "spezzato". Fortunatamente non c'era nessuno in giro. Nessuno sentiva le risa del Giullare.

Nessuno vide Bruno spaccare il proprio dispositivo per la rabbia.
Nessuno lo vide sfoderare la spada.
Nessuno lo vide trafiggere il Bianchi, sbalordito e improvvisamente senza parole.
Nessuno lo vide piangere sommessamente sul cadavere di quell'uomo.

Fu solo all'alba che la netturbina di nome Cassie Smith di New York di Terra-725 notò il cadavere di un uomo, attorniato da pezzi di strana tecnologia, apparentemente qualcosa di rotto.

Lo S.H.I.E.L.D arrivò poco dopo.

Vespertilio - Un Nuovo Batman

Questa è una fanfic in cui creo la mia versione di Batman e tutto il suo universo, ovviamente citando altri personaggi e situazioni della DC Comics. Spero vi piaccia. In grassetto, i dialoghi e le parole pronunciate dai personaggi.

L'edificio dell'Ospedale di Sant'Arcamo era una costruzione imponente, in pieno stile classico. Il nome completo, in realtà, era "Sacro Ricovero per Ammalati Non Convenzionali Benedetto da Sant'Arcamo Patrono degli Afflitti" e, in qualche modo, nonostante la "classicità", la facciata arzigogolata sembrava rispecchiare quel nome altrettanto singolare.
Era una notte di luna quasi piena, lo sarebbe stato l'indomani, ma il lucore che emanava era così potente che qualunque innamorato avrebbe pensato alla sua amata e qualche individuo discutibile avrebbe pensato a cose più cruente. Le finestre luccicavano, la roccia sembrava resa umida dal freddo e, in generale, vi era un'aria da perfetto film horror gotico. Brunello Dè Guani, detto "Bruno" da alcuni, era arrivato davanti alla costruzione passando per alcuni tetti di Roma Capitale, volgarmente detta Vaticham City. L'ospedale era oltre un fiume e Bruno non potè fare a meno di pensare ai cimiteri. Capitava spesso che i cimiteri fossero oltre luoghi di passaggio o fossero siti in luoghi impervi, come montagne, isole o simili: perchè i morti dovevano stare separati dai vivi, nel bene e nel male. Probabilmente, per ogni abitante della grande megalopoli, tutti i malati erano morti.
O dovevano esserlo.
Bruno ripassò mentalmente alcune nozioni, pronto a intervenire da un momento all'altro. Secondo le sue carte, l'edificio era nato intorno al quindicesimo secolo, come ospedale di proprietà dei Cavalieri Ospitalieri. Lo avevano costruito lì per aiutare i pellegrini, di ritorno dalla Terra Santa e in cerca di benedizioni dal Santo Padre. Era iniziata così, poi sicuramente chissà quali interessi erano subentrati e, in qualche secolo, la Chiesa ne era diventata l'unica proprietaria, rendendolo un ospedale all'avanguardia nel campo delle patologie "dello spirito"o relative al "peccato somatizzato". L'uomo sapeva che, al momento, era pieno dei peggiori pazzi criminali mai visti in anni e anni di vita del Sacro Impero Pontificio.

La fondazione del suddetto stato si perde nella leggenda. Si dice che già nell'Impero Romano si parlasse di creare uno stato di cristiani, retto da eminenze "sacre" e pronto a diffondere la parola di Dio ovunque. Lo avrebbero fatto in ogni caso, coi documenti e con l'oro, ma desideravano l'appoggio di truppe. Le armi.
In ogni caso l'Impero Romano cadde intorno al 500 d.C. e alcuni ipotizzano che, tra le altre cose, fu a causa di un'operazione segreta volta a smantellare la grande potenza dall'interno, dato che con le armi era IMPOSSIBILE. A seguire queste voci, pare che siano stati i cristiani stessi, non essendo più sufficienti gli editti di Teodosio e di Costantino.
Molti, negli anni, tenteranno di riportare il proprio regno a nuovi fasti, cercando di riesumare il cadavere del vecchio Impero, per esserne la continuazione ma, come si può immaginare, non è un'impresa facile. Le strade che portano alle grandi opere sono costellate di cadaveri e spesso i cadaveri sono i sedicenti messia, comandanti, assassini e guru che hanno provato a camminarci sopra, fallendo miseramente. Ma ogni "collina di corpi", mano a mano che si alza, rende il compito un più facile al prossimo ed è con questo spirito che, nel sedicesimo secolo, un Papa, il cui nome non va mai pronunciato per rispetto alla sua memoria, decise di (ri)fondare il grande antenato. Un nuovo Impero Romano, sempre con la stessa capitale, ma retto dal pastorale del papa: il Paradiso di Dio in terra. Del resto, i soldi non erano mai mancati. I primi cristiani, grazie a donazioni ed eredità dei patrizi, già dai primissimi tempi del culto, avevano costruito una ricchezza che oggi potremmo definire illimitata. E, a causa della storia (recente e non) del Sacro Impero Pontificio, ha raggiunto tali grandezze da non avere neppure una parola per definirla.
i luminari del Papa stimano che, se un uomo riuscisse empiricamente ad avere per sè tutta quella ricchezza (magari rubandola), morirebbe dallo spavento, e la sua famiglia morirebbe con lui, dato che il sentimento di piccolezza era troppo forte per un uomo solo e sarebbe passato ai congiunti.


Ne studiano una più del diavolo. E credono più a lui che a Dio. Pensò Bruno, senza riferirsi a qualcosa in particolare. La serata sembrava una delle tante: una cena di beneficenza indetta organizzata dalla sua grande famiglia, di cui era l'ultimo esponente rimasto, con foto, firme e autografi e poi, dal nulla l'Evocatio. Un grosso pipistrello, nero come il più profondo degli inferni, galleggiava nel cielo senza nubi, proiettato da un faro, regalato alla Milizia Cittadina da benefattori ignoti. Significava una sola cosa. Bruno, perciò, decise di abbandonare la festa con un pretesto, scendere nei suoi appartamenti dalle pareti di pietra e parlare col suo maggiordomo, tale "Alfredo Pennino". Questo aristocratico servitore aveva aiutato la famiglia da più tempo di qualunque altro servitore Bruno avesse mai visto, anche in altre famiglie. Lo ricordava quando era bambino, ed era li ad aiutarlo ancora oggi. Se fosse mai esistita al mondo una persona catalogabile come "fedele", di certo si stava parlando del signor Alfredo.
Non appena scese nella "Antrum Vespertilionis" il signor Bruno trovò il maggiordomo ad attenderlo, con un bicchiere di vino. Il preferito del signor Dè Guani, arrivato direttamente dai Carpazi. Complimenti per la festa, signore! Disse l'anziano uomo. Grazie a te, Alfredo. Ma non ne potevo più, sono proprio contento di essermene potuto andare. Il maggiordomo prese il bicchiere, ormai svuotato, e rispose. La sua armatura è stata riparata e lucidata, le vostre "Arma" sono sul ripiano, nuove fiammanti. La spada, invece, è dove l'avete lasciata.
Ma Bruno si stava già cambiando d'abito. La sua protezione, benchè lo facesse sembrare un cavaliere del rinascimento, era fatta coi più moderni materiali ed era stata costruita anche per essere indossata velocemente, benchè necessitasse di indumenti adatti al combattimento.
Pochi minuti dopo una figura ricoperta di metallo brunito prese una spada dalla foggia particolare e se la legò alla cintura, nascosta dal mantello che gli copriva le spalle. Vado, Alfredo. Disse. Buona fortuna, signore! Fu la risposta.

La famiglia Dè Guani aveva origini antichissime. Già ai tempi dell'Impero si parlava del patriarca Guanus, comandante della Sesta Legione. Si dice venisse dal meridione, in un posto vicino alla punta dello stivale, ma fu a Roma che trovò fortuna. Quell'uomo ebbe fortuna e da lì iniziò la storia della famiglia. Da sempre, i Dè Guani o Guanus o altro, sono stati guerrieri, soldati, guardie, istruttori d'armi, duellanti. Uomini d'arme. Persone che vuoi avere dalla tua parte e che non vuoi combattere perchè, da sempre, si addestrano alla guerra, in qualunque modo venga combattuta. Ricoprendo, nel tempo, le più alte cariche militari il clan si arricchì e ora vengono, semplicemente, definiti "miliardari". Anche se la linea sembrerebbe un pò deviata dalla sua usuale traiettoria.
Anni fa i coniugi Dè Guani, Tommaso e Marta, andarono al cinema insieme al piccolo Brunello, il loro figliolo, andarono a teatro al cinema a vedere Zorro, ma la serata purtroppo cambiò presto direzione. All'uscita, vennero assaliti da dei bagordi in cerca di soldi facili. Il padre, Tommaso, era forse il migliore spadaccino della città, ma anche i migliori cadono, se vengono assaliti da oltre venti persone e da tutte le angolazioni. Morto lui, i rimanenti (molti meno della metà di quanti erano prima) si diedero da fare, a turno, con la signora Marta, mentre il giovanotto guardava. Quel giorno si ruppe qualcosa e il ragazzino, ovviamente, cambiò radicalmente, diventando cupo e silenzioso. Qualcuno disse che pareva addirittura invecchiato. Quel giorno decise che avrebbe fatto qualcosa per cambiare il mondo, dato che nemmeno il Papa, con tutti i suoi soldi e potere, riusciva a farlo.
Alfredo divenne perciò il padre, de facto, del piccolo Brunello e continuò il suo addestramento, sia militare che accademico. E' stato merito suo, nella totalità.
Ma il bambino non dimenticò mai il suo proposito.


Giacomo Gordio aspettava il vigilante al solito posto, praticamente di fianco al faro. Era un commissario della milizia avanti negli anni, uno dei più irriducibili detective di Vaticham City. Si diceva che il suo cognome avesse a che fare col famoso "nodo gordiano" e con Alessandro Magno. A Dè Guani piaceva pensare fosse così, dato che le sue doti investigative erano fuori discussione: "pensare fuori dalla scatola" era una cosa che gli riusciva molte volte ed era uno dei pochi in grado di reggere con lui una conversazione qualunque. La nobiltà e il fior fiore della società di Roma Capitale era tremendamente noiosa e piatta agli occhi dell'uomo in armatura e aveva notato che, spesso, le persone interessanti non erano mai di buona famiglia. O quantomeno non ne aveva quasi mai viste.
C'è stata un'evasione da Arcam. Aveva detto il miliziano. Giovanni Bianchi, denominato "Paziente Zero", è scappato. Insieme a lui è scomparsa anche una dottoressa, tale Arletta Quinzi. Non sappiamo ancora come e cosa è successo. Sembrano semplicemente volatilizzati. Qualcuno crede che lei sia stata rapita o costretta dal Bianchi a liberarlo, ma non abbiamo iniziato ancora le indagini. Ho pensato di far dare prima un'occhiata a te, dato che forse lo conosci meglio. Bruno si mise a pensare. Si, mi ricordo di lui. Rispose. E' stato discreto tempo fa, era un pazzo furioso. Eppure, anche all'epoca, ho avuto l'impressione che potesse fare di peggio, che fosse in fase di piena evoluzione. Darò un'occhiata, quel matto è un pericolo per tutti.
Non posso darti più di un'ora. Fai la magia che sai fare tu, poi arriveranno i miei. Disse Gordio. Ma Bruno era già sparito.
Buona fortuna, Vespertilio. Sussurrò. Pensava di averne viste parecchie, ma la visione del Crociato Oscuro gli suscitava sempre qualcosa tra la paura e la reverenza, mista a quel sentore di "deja vù".

Vespertilio, pipistrello. Quello il nome che aveva scelto il ragazzo per la sua carriera da neo-vigilante. Lo aveva scelto a causa di uno spiacevole episodio avvenuto tempo prima, quando cadde in un pozzo e trovò, come unica compagnia, molti di quei topi alati. Quasi credette di morire di paura, ma dopo quell'esperienza (salvato dal servitore che aveva sentito le sue urla) si sentiva come rinato. Credeva che dopo un tale spavento, nulla potesse più toccarlo o ferirlo e che i criminali dovevano provare la stessa sensazione che LUI aveva provato in quel momento: impotenza davanti all'inevitabile, paura della pazzia.
Al termine dell'addestramento con Alfredo, novello guerriero, il giovane Bruno girò il mondo alla ricerca dei migliori guerrieri, filosofi, comandanti e strateghi. Dai campi di battaglia del nuovo mondo ai freddi mari del nord, patria di guerrieri che si vestivano ancora di pelli. Dalla giungla del sud-est asiatico ai deserti africani. Fino ai maestri di spada dello Shogunato. Nonostante vigesse la politica del paese chiuso, grazie a soldi e raccomandazioni, Bruno potè godere degli insegnamenti di quei luminari e combattenti: niente era precluso alla nobità del paese dei Papi. Del resto, erano la più grande potenza del mondo. Negli anni duemila, la sua grandezza era pari a quella del Grande Impero al massimo della sua espansione. E sarebbe cresciuto ancora, dato che la guerra in corso contro i sultanati, in Turchia e non solo, stava procedendo bene.
Quando tornò a casa, Dè Guani aveva imparato così tante cose da essere praticamente una persona diversa. E si adoperò per progettare, forgiare, affilare armi, creare armature, oggetti e mezzi di trasporto. Tutto con l'aiuto del suo servo. Prese anche la spada di famiglia, una lama che veniva passata da padre in figlio ad ogni generazione. Un'arma che aveva visto innumerevoli conflitti e che, spesso, veniva riforgiata e/o modificata per venire incontro alle nuove esigenze. Ad oggi si presentava come una spada bastarda. Bruno la portava nascosta dal mantello perchè desiderava averla con sè per portare avanti la tradizione di famiglia, ma anche perchè non l'aveva quasi mai usata. Desiderava distinguersi dalle sue prede.
Lui non uccideva.


La sua ferraglia era stata trattata con agenti chimici che avevano reso lo sfregamento fra le piastre (e gli altri componenti dell'armatura) quasi del tutto insonoro. Il suo piccolo arsenale, di armi da lancio e non, era stato invece ben occultato nella cintura. La spada non lo intralciava minimamente mentre, attivando il visore notturno del suo "elmo", scalava lentamente la parete dell'edificio. Stava usando i cosiddetti Shuko, o Artigli di Gatto: particolari guanti, dotati di artigli sui palmi, in grado di facilitare enormemente un'azione di quel genere. Era uno dei suoi giocattoli preferiti, portato direttamente dal Sol Levante.
Aveva deciso di scalare la parete per entrare "da una porta di servizio": tutti amavano Vespertilio, a meno di essere criminali, e tutti conoscevano le sue gesta contro spacciatori, mafiosi e pretuncoli. Nemmeno i cardinali erano al sicuro da lui, ma era comunque troppo strano vederlo lì, anche in un'evenienza come quella. Ragion per cui decise per un'azione furtiva, silenziosa. Non aveva preso la sua "Vectura" per lo stesso motivo: essendo praticamente un carro armato su ruote (anzichè su cingoli), era meglio non dare nell'occhio. Aveva intenzione di sfondare una finestra, il danno minore della faccenda, ma ne notò una aperta. Pensò di capire, si tolse gli artigli e si introdusse nella stanza.
Mobili a terra, letto disfatto, oggetti lanciati alla rinfusa sul pavimento. Sembrava un furto o una rapina, classica. Si avvicinò alla porta, aperta senza nessun tipo di effrazione, da cui potè sentire urla e singhiozzi. Deve essere il personale. Ci vorrà del tempo per riprendersi da una cosa del genere. Riflettè. Non era il caso di interrogarli, per non sommare trauma a trauma, era presto per quello. Ma prima o poi sarebbe successo. Si abitueranno a me. Cambierà tutto!
Prese una cosa da terra e si spostò.
Ma qualcosa nella stanza non andava e la porta lo confermava. Decise di seguire l'ipotetica scia di fuga, dato che si trovava appena al secondo piano e non doveva essere stata troppo lunga. Non c'erano tracce di nessun tipo, perciò prese la strada che lui avrebbe percorso se si fosse trovato nella stessa situazione del fuggitivo.

Aveva iniziato poco tempo dopo, in quella squisita città che non sembrava, almeno sulla carta, aver fatto molti passi avanti rispetto al quattrocento. Le strade erano ampie e percorse da moderne autovetture, ma la città sembrava un antico borgo, quanto ad architettura. La commistione di antichi edifici con costruzioni moderne (ma costruite con stile antico) creava uno strano effetto all'occhio dell'eventuale turista. Illuminazioni al neon contornavano grattacieli con statue di santi in cima. Non era raro trovare un Occhio della Provvidenza scolpito ovunque, insieme a quadrati magici SATOR e pub mascherati da taverne. Le Chiese erano quasi ad ogni angolo di strada e, se ciò non bastasse, "cabine confessionali" erano installate davvero ovunque per permettere a chiunque di pentirsi, in diretta con un parroco dei tanti che facevano i turni. Zeppelin decorati con croci e pesci e altri immagini sacre illuminavano la città di notte. Nemmeno a dirlo, la criminalità locale era fatta dei soliti malviventi che si trovavano ovunque insieme ad anarchici neopagani e attivisti per i diritti degli omosessuali, categoria molto sfortunata a Vaticham City. La legge e il diritto erano quelli della Bibbia, con leggi ovviamente opportunamente modificate e scelte. E, ovviamente, alcune contraddizioni rimanevano all'occhio attento. Ma gli occhi attenti erano rari.
Piazza San Pietro ospitava l'obelisco più alto degli innumerevoli della metropoli, veniva chiamato "L'Occhio di Dio" e nessuno sapeva bene a cosa servisse. Però la cima luccicava spesso di colori vari. I teorici della cospirazione ci vedevano una telecamera gigante o un'antenna per comunicare con entità "superiori" e/o aliene. I più sempliciotti credevano fosse un mero simbolo di potenza. Per le le anarchiche femministe, invece, era l'ennesima conferma della fallocrazia che appestava il mondo.
Difatti i preti rimanevano tutti uomini e i "problemi noti" non erano estirpati per niente. Anzi...
E poi conobbe Gordio.


Aveva studiato perfettamente la planimetria di "Arcam" tempo prima, quando aveva accolto il "Paziente Zero" e ricordava tutto perfettamente. Immaginava che anche il fuggitivo, e l'eventuale ostaggio, avessero in mente la pianta dell'edificio, prima del colpaccio. Si trattava di usare la testa. Bianchi sembrava un pazzo, ma non era uno stupido: questa era la convinzione di Bruno.
Seguendo la sua pista ideale, arrivò al locale lavanderia. Evidentemente non era turno di bucato perchè non incontrò anima viva e non ebbe difficoltà a confondersi nelle ombre all'arrivo di un infermiere. La finestra della lavanderia, che dava sul parcheggio posteriore, era appena appoggiata. Non potevano chiudere con la maniglia da fuori. Vespertilio uscì dall'apertura, nello spazio oscuro pieno di autovetture. Quì vide solo una cosa, e la raccolse. Nessun segno di sgommata o altro, apparentemente avevano fatto con tutta calma. Fatto ciò, si allontanò come un'ombra. Tornò all'Evocatio, dove Gordio lo aspettava. Come lui aveva previsto. Non salutò neanche.
Il Bianchi è scappato con la complicità della Quinzi, come immaginavo. Non una singola traccia di effrazione o lotta. Niente unghiate, tracce di sangue, rossetto... Niente. Perciò, abbiamo due alternative: o l'ha immobilizzata a dovere e se l'è portata dietro o è stato aiutato. Mi sento di escludere la prima ipotesi per due motivi. Prese fiato, dando tempo al miliziano di capire. E' possibile, ma ritengo difficile che un internato come il Bianchi possa conoscere a dovere tutte le stanze e i corridoi della struttura, non potendo mai lasciare la stanza... Inoltre, ho trovato questo. Gli porse l'oggetto trovato al parcheggio. Un pezzo di nastro adesivo isolante argentato. Sulla parte bianca vi era del rossetto, segno che era stato usato per imbavagliare una donna. Non capisco, Bruno. Questo dovrebbe andare contro la tua ipotesi. Vespertilio sorrise, i denti scintillanti. Osserva bene. Guarda la forma delle labbra: è un sorriso. Gordio comprese all'istante.

Il pipistrello lo aveva adocchiato per prima. Dove andava uno, seguiva l'altro. Facevano a turno. L'ovvia, prima diffidenza, col tempo si era trasformata in grossolana fiducia. Il loro rapporto, che si evolveva lentamente, aveva subito una scossa quando la figlia di Gordio, Barbara, era scomparsa. Era un fatto di debiti e droga: si era scoperto che, in debito col suo spacciatore, era scappata di casa per scovare un modo di racimolare qualche quattrino e saldare. Quest'ultimo, neanche trentenne che già si sentiva come il boss Falcone, venne malmenato pesantemente da Bruno in un giorno di pioggia, promise di non farsi più vedere e scomparve effettivamente dalla circolazione. Poco dopo Bruno ammanettò Barbara al lampione vicino la caserma, lasciandole nella tasca un biglietto che recava scritto "Prego.".
Da quel momento, sembrava tutto cambiato, ovviamente. Giacomo sembrava preoccupato per i fatti avvenuti, ma non nutriva quasi più nessun dubbio sul nuovo vigilante. Anche se, senza che Dè Guani lo sapesse, era un pò preoccupato perchè la figlia si lasciava sfuggire qualche cenno di apprezzamento verso il "signor pipistrello". Preoccupazioni da padre.
In seguito conobbe anche Duccio Figliogrigio, che sarebbe diventato il suo aiutante (e anche qualcosina in più) ma questa è un'altra storia. Fatto sta che i giornali e i social media iniziarono a chiamarlo "Batman" o "Uomo Pipistrello" dato che, nonostante la lingua ufficiale fosse il latino, per strada si parlava in inglese o in italiano (per non parlare dei dialetti!).
La sua pagina non ufficiale su Instabook aveva migliaia di followers.


Gordio prese la parola. I due erano d'accordo da tempo, il nastro serviva come facciata. Magari hanno addirittura camminato lentamente fino all'uscita. Gli serviva un ostaggio... Ma che ne sai che non l'abbia uccisa dopo?
Bruno ci pensò su e rispose. Non possiamo saperlo, dato che sulla strada non c'erano tracce. O l'ha uccisa "altrove" o lei è passata definitivamente dalla sua parte. Onestamente, vedendo quel sorriso, propendo per quest'ultima ipotesi. Infine...Vespertilio rovistò nella sua cintura. ... Ho trovato questo. E' una carta francese, quella del Joker. Con del rossetto, scommetto lo stesso che c'è li e che pensiamo appartenga ad Arletta Quinzi, ha scritto la parola "Giullare". Sul retro, invece, c'è scritto "Ciao, Pipy!"
Gordio era sul punto di ridere.
Mi ha sfidato. Disse solennemente. E io risponderò.
Bruno amava andare al circo, come amava il cinema, il teatro, le presentazioni di libri e, in generale, qualsiasi manifestazione di cultura, di qualunque tipo e livello. Nella fattispecie, quel giovedì, era andato al circo a vedere il Circo dei Figliogrigio. L'origine del nome peculiare della famiglia si perdeva nelle nebbie dei tempi e, apparentemente, aveva a che fare coi pochi Rom ancora rimasti nell'Impero. Indubbiamente, però, quelle origini dovevano essere state rinnegate, perchè non avevano guai di nessun tipo con il Clero. Ne avevano altri, però...
Nonostante tutto, un certo sostrato di criminalità organizzata (e anche di un certo livello!) esisteva ed era fortissimo, ovviamente legato a doppio filo con la Chiesa. Non sempre i loro affari erano legati, come in quel caso, ma spesso era così. Nella fattispecie, quando arrivò il circo nelle periferie di Vaticham City, il capo del circo, nonchè padre di Duccio, si rifiutò di pagare una "certa somma" agli uomini del signor Falcone. Le sue parole erano, grossomodo "Abbassate i prezzi, non abbiamo soldi!". Ma gli uomini del boss, senza preoccuparsi del fatto che fosse ironia o no, lo fecero a pezzi letteralmente durante il terzo giorno di permanenza. Ovviamente non era abbastanza, e fecero mangiare i suoi resti dai loro cani, per coprire le tracce e anche per dare ulteriore dolore alla famiglia. Questo innescò diverse vicende, ma accadde all'incirca questo: Duccio venne "aiutato" economicamente da un misterioso benfattore, mentre quegli sgherri vennero portati in ospedale con oltre il sessanta percento delle loro ossa rotte. Falcone non la prese bene e inviò altri uomini, ma quegli stessi andarono a riempire il reparto di terapia intensiva dell'ospedale più grande della città Per il momento, parve finita. Ma, carpendo il dolore del ragazzo, Bruno fece a Duccio una proposta, parafrasando in senso opposto il famoso film, "difficile da rifiutare".
Qualche mese dopo un nuovo giustiziere apparve a Gotham, col nome di Pettirosso. Si trattava dell'aiutante di Vespertilio, vestito di rosso e verde, anche lui con placche di armatura, nonostante le sue doti acrobatiche fossero apprezzate dallo stesso Bruno, probabilmente fortemente colpito da esse.
Venivano chiamati i "Duomviri", o con altri nomi meno lusinghieri, ma pareva che la criminalità fosse un pò diminuita a Roma.


Dopo la fuga del Giullare, erano cominciati i veri problemi. Erano sparite diverse ragazze, curiosamente legate a tutti i livelli sociali della città. La prima era una giovane clochard. Poi fu il turno di una studentessa ubriaca, la figlia "segreta" di un prete (in particolare questo venne alla luce in un secondo momento) e anche un'impiegata dell'Ufficio della Burocrazia. Si pensò a sparizioni casuali, in seguito al fatto che fossero tutte premeditate. Poi, però, quando una videocamera di videosorveglianza aveva ripreso alcuni uomini vestiti di nero caricare su un furgone la studentessa, l'ipotesi di rapimento divenne molto più di una semplice ipotesi. Inoltre, l'aver rapito la figlia di un prete faceva capire che il mandante non era associato, almeno di facciata, alla Chiesa. Bruno pensò subito al Giullare, a causa dei fatti appena trascorsi. Inoltre, come vittime sembravano sufficientemente casuali, quasi come se fosse un messaggio o ci fosse un altro fine sotto. Non venne chiesto nessun riscatto, semplicemente scomparvero. Ovviamente, il Duo iniziò le indagini. Nonostante in giro si dicesse che Vespertilio fosse nemico della chiesa, per lui erano tutti uguali, figlie di preti o no.
Il video della telecamera mostrava la zona del porto, perciò Bruno pensò fosse il caso di dare un'occhiata, grazie all'aiuto di Gordio, alle altre sparizioni. Non ci volle molto a capire che tutte le sparizioni erano all'interno di quello che veniva chiamato, semplicemente, il Porto. Decisero, quindi, di iniziare li le ricerche. Cambiatisi d'abito, e scelto l'equipaggiamento, scelsero la via dei tetti, per perlustrare la zona. Per diverso notti non notarono nulla di strano e anche le ricerche di un ipotetico covo avevano portato ad un nulla di fatto. I due, ma soprattutto Bruno, sapevano che l'unica cosa possibile da fare era attendere e beccarli in flagrante. Questo era un male, perchè costringeva i due a stare nella stessa zona per molto tempo, ignorando altri problemi in città.
Ma qualcuno doveva pur farlo.

L'adulto si portava dietro il giovane ogni volta che usciva, anche senza costume. Lo aveva adottato legalmente. Questo aveva fatto infuriare qualche donna dell'alta società che, magari, desiderava insinuarsi tra le lenzuola del Dè Guani e che voleva un figlio da lui, per i più vari motivi. Qualcuno aveva anche messo in giro la voce che sotto ci fosse un rapporto di pederastia. In ogni caso, è meritevole precisare che Bruno non diede mai credito a nessuna voce, nè rispose mai a niente. Non ci fece caso e continuò, secondo alcuni "in maniera finta" e per salvare le apparenze, a flirtare con altre signore in galà di beneficenza o inaugurazioni di musei.
Dal canto suo, Duccio non aveva ancora smesso di ringraziarlo, insieme alla famiglia, per avergli permesso di uscire da quella condizione di povertà in cui viveva e accettava di buon grado qualunque cosa il vecchio potesse insegnargli, che fosse di combattimento o di vita. Probabilmente il Dè Guani non desiderava un figlio naturale, o chissà...
E così passò tempo, tra salvataggi di ostaggi, rapine sventate e risse con la peggiore teppaglia di Vaticham City, la più grande "palestra per uomini veri" che Duccio avesse mai visto. Era incredibile, ai suoi occhi, quanta gente da malmenare ci fosse e quanto poco la polizia facesse, per scelta o per costrizione. Vale la pena di ricordare anche che, stando a stretto contatto col suo salvatore, Pettirosso aveva perso quel poco di fede che aveva. Perchè Bruno si faceva vedere in società e non attaccava mai il Clero, ma dentro le mura domestiche era ovvio il suo astio per quell'istituzione religiosa che altro non era che la più grande Mafia della storia umana. Ora anche istituzionalizzata e potente come mai era stata, e probabilmente mai sarà.
Col tempo, grazie ai soldi di Bruno, anche Duccio ebbe possibilità di fare, ogni tanto, piccoli viaggi di allenamento, a causa dei quali migliorò notevolmente la sua già accettabile capacità di combattimento. In particolare, la sue armi preferite erano i bastoni corti, uno per ogni mano. Disciplina appresa nelle Filippine e costantemente migliorata.


Una sera videro effettivamente tre uomini aggredire una giovane ragazza al porto e intervennero rapidamente ma, come ogni tanto può accadere, non tutto andò secondo i piani. Salvarono si la ragazza, una giovane di nome Tabita, ma Duccio si fece molto male. Ne avevano visti tre, ma subito dopo, dai vicoli, erano apparsi altri cinque individui e, preso alle spalle, Pettirosso ebbe in regalo delle costole spezzate e una spalla slogata. Finita la schermaglia, Vespertilio si prodigò per aiutare la ragazza e il ragazzo. Sfortunatamente, a causa di ciò, non potè evitare che un furgone, appena arrivato, portasse via i banditi doloranti. E se ne andarono. Una volta nell'Antro, fecero il punto della situazione.
Ci aspettavano. Disse, iniziando. Si sono fatti vedere in tre, ma erano molti di più. Allo stesso modo, erano pronti col furgone, che fosse per la ragazza o per qualunque altro caso. Sono sicuro che tutto questo sia una messinscena per attirare me allo scoperto... E' come se qualcuno chiedesse di me. Duccio chiese chi potesse essere.
Ho come l'impressione che ci sia il giullare dietro, l'ho incontrato prima di conoscere te. E' come se ci fosse qualcosa tra noi, come una lotta che deve consumarsi. Come se fosse destino. Il discorso iniziava a divenire strano e Pettirosso non disse niente. Era effettivamente una situazione strana. Ma ho già un'idea. So chi ci può aiutare, in questo caso. Il ragazzo fece una faccia interrogativa, assolutamente preso alla sprovvista e anche un pò arrabbiato, data la sua situazione. Voleva essere lui ad aiutare, ma non poteva.
Chiederò aiuto a Selina. Duccio protestò un pò: non le piaceva quella donna, anche se non gli aveva fatto nulla. Semplicemente non correva buon sangue tra i due, per motivi tutti loro.
Un'ora dopo, la Gatta si fece vedere, in costume, sul tetto della Torre dè Guani, uno degli edifici più alti della città. Vespertilio la stava già aspettando. Parlarono per alcuni minuti, che lei passò a gironzolare intorno a Bruno, sfiorandolo in maniera seducente coi suoi artigli d'acciaio.
Ti costerà. Disse la gatta, le cui forme nel corpetto in cuoio rendevano difficile all'uomo la concentrazione. Pagherò.Rispose lui.
E furono d'accordo.

Incontrò Selina per la prima volta nella parte "vip" della città. Il bersaglio era il medesimo. Lei voleva svaligiare un riccone e lui la stava controllando da giorni. Iniziò come una rissa tra camionisti, per poi diventare una sfida di arti marziali. Infine divenne un incontro di lotta molto confuso che, a vedersi, sembrava tutt'altro. Ad una certa Selina lo colpì all'inguine col ginocchio, ma il rumore sorto che seguì le fece capire di aver colpito una protezione. Bruno sorrise. "Quella è la prima cosa..." Disse poco dopo. E ripresero a battersi. Infine, per un motivo o per l'altro, la Gatta scomparve e Vespertilio non ebbe nulla da ridire.
Da quel momento si erano visti varie volte da lontano, quasi salutandosi, ma senza mai interagire. Erano come messaggi non scritti, come un'intesa fragile ma visibile. Un non pestarsi i piedi a vicenda.
Pettirosso non la sopportava, probabilmente per quella sua aria da femme fatale. Forse si sentiva preso in giro o non preso sul serio: un bambino in un gioco tra adulti. Non scambiarono mai parole, ma è anche vero che si videro poche volte.
In quel momento, però Bruno aveva bisogno di lei e il prezzo da pagare fu alto.

Che ti ha chiesto? Chiese Pettirosso. Te lo dirò un'altra volta. Tu riposati, ormai è quasi ora. Ma Duccio non era d'accordo e protestò. Convincerlo non fu troppo difficile, gli era impossibile difendere se stesso e/o Bruno. Quest'ultimo, infine, scese nella sua caverna. Accese il monitor principale, sorseggiando un bicchierino di "Grappa Gardin", la sua preferita, versata dal buon Alfredo. Azionò alcuni comandi, lesse delle stringhe e infine si alzò, preparandosi per la "vestizione". L'armatura, le armi da lancio, il visore modulabile su diverse frequenze, i guanti. Questi ultimi trattati per reggere una scarica di mitragliatrice per qualche secondo, senza danni. Infine la spada, la lama della sua famiglia. La nascose nel mantello. Poi controllò che gli arnesi fossero apposto e che il rampino avesse la corda in buono stato.
E se ne andò.

Nel porto, tutto taceva. Dè Guani fece due passi sui tetti vicini prima di vedere l'edificio designato, perfettamente mimetizzato. Pareva non esserci nessuno, poi si avvicinò un uomo, gettando a terra una sigaretta. Vespertilio gli apparve alle spalle, stringendolo in quella che gli anglofoni chiamano "sleeper hold": uno strangolamento elementare in cui si avvolgevano interamente le braccia intorno al collo dell'avversario. Il debito d'aria e gli arti premuti sulla gola impedirono al malcapitato di fare il minimo sospiro che, poco dopo, si accasciò. Bruno lo lasciò semplicemente lì vicino, tanto era sicuro che, se si fosse svegliato a missione non ancora compiuta, probabilmente sarebbe stato l'ultimo dei suoi guai, il più insignificante. Poi si girò verso l'anonima porta. Si fermò un istante a riflettere, poi, presi gli attrezzi da scassinatore, la aprì senza fatica.
Si era fidato delle informazioni che aveva. In circostanze normali sarebbe entrato dal tetto o avrebbe trovato un altro ingresso, ma adesso aveva deciso di non porsi troppe domande e consegnarsi all'aiutante che gli aveva comunicato la presenza di un'unica guardia all'ingresso. Un sospiro di sollievo accompagnò l'entrata di Bruno nello stabile. Questo voleva dire che poteva fidarsi anche in altre occasioni, almeno ipoteticamente. Dopo un corridoio trovò qualcosa di simile ad un soggiorno. Su due divani paralleli, dormivano altrettani uomini. Nella parete che aveva davanti, un grosso armadio copriva parte del muro. Qualcosa non quadra. Pensò. Usciti dalle peggiori bettole di Roma, erano tatuati dalla testa ai piedi e il loro alito puzzava di whiskey a buon mercato. Vespertilio li lasciò a dormire, ben sapendo che il sonno naturale, se non interrotto bruscamente, era più efficace di uno indotto con la forza. Salì perciò le scale a chiocciola lì vicino. E lì vide il primo intoppo: un uomo stava percorrendo le scale in senso opposto rispetto a lui. Bruno lo capì prima, vedendo l'ombra avvicinarsi. Era preparato: non appena l'uomo comparve, il vigilante chiuse il pugno in una maniera chiamata 一本拳, "Ippon Ken" (pugno con la nocca del medio sporgente) e lo attaccò allo stomaco, mozzandogli il respiro e facendolo piegare dal dolore. Da quì prese la testa con entrambe le mani e la sbattè sul suo ginocchio destro. I danni e la tempestività furono efficaci e l'uomo si accasciò sulle braccia del vigilante che, dopo averlo preso sulle spalle, lo appoggiò per terra, tra i due divani che erano sotto.

Le scale terminavano in un ballatoio, presidiato da due uomini. Bruno capì di non poterli tramortire entrambi nello stesso momento, perciò pianificò attentamente tutto. Lanciò uno dei suoi "Pugii", a forma di pipistrello, verso quello alla sua sinistra, colpendolo alla gamba. La tossina soporifera di cui era ricoperta la punta avrebbe agito in fretta e avrebbe fornito a Bruno l'opportunità perfetta per attaccare. Appena il suddetto disse Ma che cazzo mi ha punto?, l'altro rispose: Fa un pò vedere! Mancava ancora qualche secondo.
Il primo, intanto, perse le forze e l'altro era quasi sul punto di dare l'allarme, ma venne anticipato di pochi secondi. Mancando del terreno, Vespertilio usò la spada, ancora rinfoderata, per colpirlo di punta sulla testa. Quello venne tramortito e parve perdere la coordinazione per qualche tempo, tempo che venne usato dall'eroe per metterlo a dormire con un altro strangolamento. Il suo addestramento, i muscoli e la coordinazione erano tali che tutto avvenne in una manciata di attimi. Sistemati i due, si sporse dalla ringhiera improvvisata: nello spazio enorme sottostante, la scena parlava da sè. Il Giullare suonava un maestoso pianoforte a coda, osservato dall'Arlecchina con occhi sognanti. Poco vicino, seduta ad una sedia e ammanettata, vi era Selina, vestita come se fosse uscita da una serata di gala, con un bavaglio a pallina rosso nella bocca. Osservava tutto con velata noia. Probabilmente, per lei, era routine. In ogni caso, Bruno non capiva la forma della stanza, che senso aveva un balcone su quella stanza? Come ci entrava la gente là sotto? Si calavano da li? Poco probabile. Poi pensò a quell'armadio nella stanza di sotto, l'unica spiegazione era che coprisse la porta che conduceva effettivamente li. Avrebbe controllato in seguito. Ora doveva liberare la Gatta e fermare i due criminali: il piano era andato esattamente come aveva previsto. Anche la sua intuizione sul Giullare era corretta. C'era solo da chiudere tutto. Usò la pistola rampino per issarsi silenziosamente su una trave, esattamente sopra i due. Poi si lasciò cadere, con l'intento di cadere loro addosso.
Ma non erano sprovveduti e l'unica cosa a rompersi sotto il sabaton di Vespertilio fu quel bellissimo (e costosissimo) strumento musicale.
Eccolo! Il più matto di tutti! Urlò il Giullare.

- Mostro! Era Bruno.
- Io mostro? O tu che mandi la tua amichetta felina a farsi catturare apposta? Vestita in ghingheri. Anzi, mezza nuda, piena di chincaglieria. Mancava solo che avesse scritto "rapitemi" sulla fronte! Ahahahahah!
- Tu lo sapevi?
- Oh si, certo! Come so che c'è una microspia nel suo anello dorato della mano sinistra, che hai usato per capire dove fosse il mio covo! E come so pure che il suo ciondolo nasconde una telecamera! SORRIDI SIGNOR PIPISTRELLUCCIO, SEI SU CANDID "FOTTUTA" CAMERAAhahahah! Disse salutando l'inquadratura. Anche Selina spalancò gli occhi, era sbalordita.
- E nonostante ciò... Hai seguito il copione, perchè?
- Beh qualche sorpresina te l'ho lasciata, tipo quella porta! Disse indicando dietro Vespertilio. Che entrata sarebbe dalla porta principale? Ci volevano i fuochi d'artificio! Peccato, a rivendere questo piano ci avresti sfamato tutti i senzatetto di Roma per un mese!
- Hai nascosto quella porta solo per farmi arrivare dall'alto? Sei un pazzo furioso! Anche la casa in sè aveva una planimetria discutibile, ma parlarne era inutile. Probabilmente l'aveva costruita un pazzo tipo il Bianchi.
- Ahahahahah, ti ho portato quì, caro il mio pipistrello! E ora muori! E prese un revolver. Sparò a bruciapelo, ma uscì una bandierina con su scritto "Giullare". Bruno si era protetto ed era sicuro che la sua armatura lo avrebbe salvato ma, alzando le mani sulla testa, aveva scoperto il busto. Perciò Arletta, fino a quel momento quasi assente, lo colpì con il suo pesante martello, mandandolo a impattare sul muro.

Istintivamente, Bruno effettuò una capriola per togliersi dalla traiettoria di un altro attacco e lanciò un Pugio nella parete dietro Selina, poi, osservando Arletta attentamente (e il Giullare dietro), sfoderò la lama dei Dè Guani. Non farmi ridere, non puoi ucciderci! Urlò Bianchi, curioso di sapere cosa ci avrebbe fatto, con quella splendida lama. Era stata trattata con metodi moderni e luccicava più dell'argenteria della sua magione. Arlecchina attaccò di nuovo, in maniera goffa e il pipistrello si difese.
Il manuale "Flos Duellatorum" è un manuale di tattica e strategia militare scritto da Fiore dei Liberi, uno schermidore quasi leggendario, nel quindicesimo secolo. Trattava dei più vasti modi di uccidere una persona con tutte le armi dell'epoca e anche a mani nude, senza contare l'uso di oggetti non convenzionali come cappe, lanterne e via dicendo. Per tradizione familiare, Vespertilio conosceva quel manuale meglio del suo albero genealogico (che era ben nutrito) e, oltre a quello, aveva memorizzato centinaia di altri manuali militari. Tutto questo per dire che la prima simpaticona con un martello gigante era un pericolo poco credibile per un uomo del genere, cresciuto in una famiglia di militari. Le armi sono una cosa seria.
Con un colpo di lama, mutilò il martello, facendone volare la testa sul muro dietro di lui, poi colpì la mascella di Arletta così forte, con un pugno, che cadde lunga distesa. Si concentrò quindi sul Giullare, che aveva preso un'alabarda chissà dove. Iniziarono, senza parole (solo risate), a scambiarsi furiosi colpi. Bruno era in svantaggio, tuttavia, perchè non voleva ferirlo, mentre l'avversario l'aveva già toccato in varie parti della protezione. Intanto anche Arletta si era ripresa, pronto a colpirlo con quello che era rimasto del martello. Incredibilmente, però, venne fermata con tempismo perfetto da Selina, liberatasi in pochissimo tempo grazie al pugnale di Bruno. Le due donne si avvinghiarono e alla fine della mischia, la Gatta stava cercando di strozzare l'altra con la cinghia del bavaglio a pallina, in una lotta senza esclusione di colpi.
Il duello d'arme continuò. Non sei una persona comune, dove hai imparato a muoverti così bene? Chiese Bruno. L'altro rispose ridendo e rinnovò l'assalto.

Alla fine l'eroe trovò un'apertura e colpì il Bianchi sulla tempia, con l'impugnatura della spada. Poi si beccò un pugno nel naso e un calcio sul ginocchio. Vide la sua compagna, ormai quasi sconfitta, dimenarsi contro la Gatta e comprese che, forse, era il caso di ripiegare. All'improvviso, quindi, una nuvola di fumo ricoprì la zona. Una bomba fumogena! Il vigilante azionò il visore termico, ma, una volta attivato, vide la stanza vuota. Scorse appena solo un movimento in fondo alla sala, sulla destra. Scattando in quella direzione notò una parete finta, che poteva essere ruotata su un cardine. Dava su un vicolo deserto, nel silenzio della notte. Bruno sbuffò. Una vittoria di Pirro.
Tornato indietro, colpì, con un calcio, Arletta sul diaframma, che finalmente si accasciò. Selina si avvicinò a lei con manette e pallina di gomma, decisa a vendicarsi. Vacci piano, arriverà la polizia. Selina sbuffò, ma, dopo averla immobilizzata, si fermò. Dove sono le ragazze? Chiese lei, molto provata. Si era sfilacciata la finta collana e l'anello, distruggendoli sotto il tacco. Si misero a cercarle. Erano state tutte sgozzate e, dopo morte, fatte sedere intorno ad un tavolo, con cappelli a punta. Con le loro interiora, uno aveva scritto "Buon Compleanno Pipy!" su un piatto, come fosse una torta di compleanno. L'odore era nauseabondo. Quelle donne erano morte per attirare lui e lui non lo avrebbe dimenticato.
Tornò a casa, si fece una doccia. Sotto il getto d'acqua versò delle lacrime, le prime in anni. Poi, sistemato e pulito, tornò da Duccio, per aggiornarlo.

Una settimana dopo, le indagini portarono a qualcosa di concreto. Abbiamo scoperto che il Giullare ha preso accordi con un certo Signor Gorilla per qualcosa di molto "losco". Disse a Selina, una sera. Hanno parlato di una certa "Gotham". Selina arricciò le labbra. E che diavolo è?
- Ho qualche idea al riguardo. Disse Bruno. Li seguirò e li fermerò. Insieme a Duccio. Vuoi unirti?
- Non credo, non mi interessa granchè. Sono venuta a riscuotere. Ti ho visto mentre mi osservavi, al Porto. Il tuo sguardo era... interessante...
- E sia... I debiti vanno pagati. Rispose.